In principio è stato un messaggio di don Giusto Della Valle, parroco di Rebbio e delegato diocesano per la pastorale Migrantes: «Sono stato contattato questa mattina da don Ferruccio parroco della Parrocchia S. Agostino in Ventimiglia che mi ha fatto, anche a nome della Caritas Diocesana di Ventimiglia, una richiesta di un aiuto immediato di spalatori e spalatrici che aiutino a liberare dal fango la parte centrale della città alluvionataۚ».
Era il 7 ottobre scorso e la città ligure era stata travolta da un’alluvione devastante: il torrente Roja rompendo gli argini aveva sommerso il centro della città inondando di fango e detriti centinaia di garage, magazzini e locali interrati.
La proposta rilanciata da don Giusto era semplice: chiunque fosse stato disponibile a metterci braccia, stivali e pale, avrebbe ricevuto accoglienza nell’ex seminario diocesano per tutto il tempo in cui sarebbe rimasto in città. All’appello, divenuto un vero e proprio passaparola rilanciato attraverso i social, hanno risposto decine di comaschi in rappresentanza di una pluralità di gruppi e appartenenze: scout, associazioni giovanili, gruppi legati a movimenti cattolici, singoli cittadini.
Tra loro anche sei persone dell’associazione Nuovi Orizzonti partite da Como all’alba di sabato 11 ottobre per una due giorni intensissima di lavoro. Al loro rientro hanno deciso di condividere con Il Settimanale i ricordi di questa loro esperienza.
«Siamo partiti da Como alle 5 e 45 della mattina e appena arrivati in città siamo andati nella piazza centrale di Ventimiglia dove gli incaricati del Comune ci hanno indicato le case dei privati che avevano fatto richiesta di aiuto per liberare la casa, il garage o la cantina dal fango. Qui abbiamo trovato la protezione civile già all’opera e subito abbiamo iniziato a collaborare con loro», racconta David Cusini, 28 anni. Insieme a lui Federica Villa, 23 anni, Valentina Piffer, 17, la più giovane del gruppo, Barbara Canali, 35 anni, Piero Piacentino, 47 e Simone Anselmi, 46. Di fronte a loro fango, fango d’appertutto, in uno scenario davvero desolante che però non è riuscito a “bucare” l’attenzione dei media nazionali rimanendo per lo più relegato alle sole cronache locali. «Rimarranno nel mio cuore gli occhi delle persone incontrate – racconta Piero -: occhi che vedevano per l’ultima volta prima di buttarli via i ricordi, le passioni di una vita accuratamente conservate ma ormai distrutte; occhi pieni di dolore che spesso incrociavo e che mi comunicavano a volte smarrimento, a volte gratitudine o che si distoglievano subito per non farsi venire le lacrime».