Monsignor Bruno Maggioni «ha spezzato la Parola di Dio, di cui era innamorato, perché diventasse pane quotidiano sulla tavola di tutti». E in tanti hanno voluto essere presenti, questa mattina, ai suoi funerali, presieduti dal Vescovo nella cattedrale di Como. Monsignor Oscar Cantoni è stato alunno di don Bruno, così come lo sono stati, dal 1955, decine di preti che hanno concelebrato al rito, cui erano presenti anche monsignor Dante Lafranconi, vescovo emerito di Cremona, originario della nostra Diocesi, e monsignor Claudio Giuliodori, assistente ecclesiastico generale dell’Università cattolica del Sacro Cuore. Per tanti studenti don Bruno è stato insegnante di Teologia, moltissime persone ha incontrato nelle sue conferenze in Italia e all’estero, con la Parola di Dio sempre al centro.
«Il testimone di fede non parla di sé – diceva monsignor Maggioni -, neppure ama parlare a lungo delle meraviglie che Dio ha compiuto in lui. Preferisce parlare direttamente di Gesù». Chi lo ha conosciuto ha compreso la verità da lui testimoniata di queste parole e così la cattedrale si è riempite in ogni posto disponibile, nel rispetto delle norme anti covid. Attorno alla bara in legno chiaro, su cui è stata deposta una stola sacerdotale e il libro delle Scritture, l’anima di don Bruno è stata affidata alla Misericordia di Dio in cui lui ha sempre sperato.
Di seguito pubblichiamo le parole pronunciate dal vescovo Oscar all’omelia.
Vogliamo innanzitutto ringraziare e benedire il Signore Gesù per il grande dono che ha concesso alla nostra Chiesa di Como regalando don Bruno, quale padre, fratello, amico, maestro e testimone. Intensa è pure la riconoscenza delle migliaia di persone che si sono abbeverate al suo insegnamento in moltissime diocesi italiane e nelle varie missioni che don Bruno ha visitato nel mondo.
Non c’è ambiente ecclesiale, dalla cattedrale al seminario, dalle parrocchie della diocesi ad altri ambienti culturali, in cui la parola di don Bruno non sia più volte risuonata e la sua saggezza, unita alla chiarezza nell’insegnamento, non abbia conquistato gli uditori.
Lo conferma la vostra presenza a questa celebrazione eucaristica di commiato nella quale tutti insieme vogliamo affidarlo a Cristo quale suo degno pastore.
Ringrazio della loro vicinanza i padri Vescovi, i sacerdoti, le persone consacrate, i missionari e le missionarie, i colleghi dell’Università e tutti i membri del Popolo di Dio che si sono uniti alla nostra preghiera provenienti anche da altre diocesi italiane.
Saluto in modo particolare, gli affezionati parrocchiani di Muggiò, di Naggio e i familiari di don Bruno, con la signora Tatiana, che l’hanno accompagnato nella vecchiaia e nella malattia, fino all’ultimo respiro.
Tutti siamo debitori a don Bruno, consapevoli che il livello di maturità di fede che ciascuno di noi ha raggiunto, ma anche come comunità cristiana, è in parte il frutto della sua visione di insieme, dei suoi orientamenti, del suo insegnamento, dell’orizzonte verso il quale siamo stati da lui avviati.
Il nostro contesto ecclesiale si è notevolmente arricchito della presenza creativa e stimolante di don Bruno, il quale ha saputo tradurre e condividere le intuizioni del Concilio Vaticano II, frutto della ricchezza della sua elaborazione personale, ma anche della esperienza maturata in altri ambienti ecclesiali, là dove egli ha offerto collaborazioni significative, oltre che con le sue pubblicazioni, che hanno contribuito a stimolare un amore sincero verso la Parola di Dio.
La fedeltà di Dio dispone le persone giuste al momento più opportuno. Esse sanno interpretare la sua volontà racchiusa nella sua Parola e la manifestano mediante la loro intelligenza vivace e nelle forme e nei linguaggi più adatti alla sensibilità del tempo. I veri interpreti della Parola, e don Bruno è stato uno fra i più autorevoli, conoscono quello che i fedeli hanno bisogno di sentirsi dire.Abbiamo goduto a lungo della vicinanza amica di don Bruno, della sua sapienza, frutto di una intensa e appassionata consuetudine con la Parola di Dio, unita a una calda giovialità.
Come sempre, gli uomini grandi non si impongono, né fanno pesare la loro superiorità, ma si rapportano in tutta semplicità, condividendo con gioia e stupore quanto anch’essi hanno ricevuto, quasi schernendosi per ciò che essi sanno manifestare.
Così è stato l’atteggiamento di don Bruno: ha spezzato la Parola di Dio, di cui era innamorato, perché diventasse pane quotidiano sulla tavola di tutti. Non attraverso linguaggi per iniziati, ma in una forma familiare, adatta a ogni sensibilità e a ogni livello di preparazione, con una chiarezza e una semplicità tale da rendere amabile e gustosa ogni espressione della Parola.
Nel Vangelo che ci è stato annunciato, Gesù, il primo e più grande esegeta della Scrittura, si accosta ai due sconsolati discepoli che fanno ritorno da Gerusalemme a Emmaus, nel giorno stesso della risurrezione. Essi lasciano intendere che la crocifissione del Maestro è coincisa con il crollo della loro pretesa messianica.
Gesù non abbandona i suoi discepoli alla disperazione, piuttosto li rende edotti circa gli eventi pasquali, a cui essi hanno preso parte, senza tuttavia averne compreso il significato. Egli corregge l’immagine di Messia coltivata dai due discepoli: non un Messia che interviene per salvare Israele con la potenza e la forza, ma attraverso l’umiliazione e la sofferenza della croce.
Il Risorto, con grande pazienza e amabilità, “dischiuse loro la mente per comprendere le Scritture”, capovolse cioè il loro sguardo, per far passare i due discepoli dalla speranza perduta alla speranza ritrovata, dalla tristezza alla gioia. La frazione del pane sarà il gesto che aprirà gli occhi dei due discepoli.
Possiamo intravvedere don Bruno proprio dentro questo episodio, poiché anch’egli, senza ombra di dubbio, come maestro di sapienza e fine esegeta, ci ha aiutato, a imitazione di Gesù nei confronti dei due discepoli, a considerare come tutte le Scritture parlino di Cristo.
Con il suo insegnamento don Bruno ci ha presentato il mistero pasquale ponendo al centro il Crocifisso quale rivelazione suprema di Dio e la croce non come una semplice fatalità o peggio una sconfitta. Ci ha aiutato a passare dalla visione della croce come scandalo che ci impedisce di credere, alla certezza di fede che la croce è piuttosto la ragione per cui credere.Don Bruno ci ha avviato a comprendere come nella “fractio panis” i discepoli di Gesù riconoscono il gesto riassuntivo che svela l’identità permanente di Gesù, che ha fatto della intera sua vita un dono, di cui la croce è il compimento finale della sua dedizione.
Cristo risorto rimane costantemente presente ai suoi discepoli per portare l’annuncio gioioso della salvezza a tutto il genere umano. Gesù è il Signore di tutti, perciò deve essere annunciato a tutti e dappertutto.
Non possiamo dimenticare a questo punto quanto la diocesi di Como sia debitrice a don Bruno di aver formato e promosso la dimensione missionaria, maturata proprio come frutto dell’annuncio della Parola di Dio, con cui egli ha saputo contagiare tutto il nostro popolo di Dio, aiutando le parrocchie a proporsi come luoghi dell’annuncio, ma anche della missione.
Ora il Cristo crocifisso e risorto che don Bruno ha appassionatamente cercato, amato e servito in tutta la sua esistenza, lo accoglierà alla sua mensa, lo inviterà a rimanere con lui, insieme ai suoi familiari e ai tanti amici che l’hanno preceduto. E di nuovo lo riconosceranno «nello spezzare il pane», ossia nel suo condividere con tutti la propria vita, per sempre, in una gioia che non avrà fine.
Possa godere in cielo quella bellezza infinita che per tanti anni ha cercato di indagare e di trasmettere umilmente su questa terra.
Don Bruno, faccia a faccia con Dio, potrà così pronunciare con le sue labbra le parole ascoltate nella prima lettura: “Ecco il nostro Dio, il Signore in cui abbiamo sperato; rallegriamoci, esultiamo per la sua salvezza”.