Grest ed esperienze estive sono ai nastri di partenza nelle nostre realtà parrocchiali. Il Covid indubbiamente ha lasciato il segno: non solo perché perdurano le misure precauzionali e di distanziamento; non solo perché qualcuno nel frattempo ha salutato la compagnia e probabilmente non lo intercetteremo più per diverso tempo; non solo perché la pandemia ci ha aperto gli occhi sul fatto che la società civile ormai sa fare da sola, anche nell’educazione dei giovani, e il rischio è che l’oratorio diventi realtà subappaltatrice di spazi giovanili a prezzo modico.

Tutto vero. Ma la voglia di ricominciare è comunque tanta, e più forte di tutto. Sentiamo il bisogno dell’incontro, del contatto. In tutti «i sensi»: dalla vista dei volti, al tatto degli abbracci, al fracasso dell’allegro vociare, all’odore dell’erba, dei campi polverosi, del pino mugo in montagna piuttosto che di quello marittimo nella colonia marina. Una nuova voglia di socialità, dopo tanta repressione (e anche depressione), e la nausea per i suoi surrogati virtuali. E per quella ridicola prossemica fatta di gomiti e di piedi e di pugni che si sfioravano, cose inconcepibili per noi latini.

Via dunque al cammino degli oratori estivi. Sempre più ci rendiamo conto di quanto bisogno ci sia di seminare nella vita dei più giovani enzimi di crescita ed esperienze proattive. Per i bambini è l’uscita alla scoperta del mondo con lo strumento del gioco. La scoperta che ti puoi trovare bene, e sentirti valorizzato, anche al di fuori del guscio caldo della casa familiare.

Per gli adolescenti è il laboratorio dove cominciare a sperimentarsi, a mettersi alla prova, a saggiare la propria competenza e responsabilità misurandosi nell’affrontare gli ostacoli, e portandone via un fondamentale incremento di sicurezza e di auto-stima.

Per i giovani è la palestra dove apprendere l’arte del servizio e del dono di sé, della bellezza dell’incontro e della relazione. Mi rendo conto di aver tracciato fin qui un profilo fin troppo idilliaco, dei nostri oratori estivi, poi la realtà ha scorza più ruvida e dura.

Ma ugualmente ci va di sognare, e abbiamo bisogno di questo battito d’ali per volare in alto. Sono pochi i ragazzi? Comunque questi ci sono. Sono pochi gli animatori, e meno ancora gli adulti, che mettono tempo ed energie a disposizione dei più piccoli? Ringraziamo quanti lo fanno (e il servizio lo fanno anche a sé stessi).

Cosa resterà di tutte queste iniziative, i giochi, le gare, l’uscita all’acquafan, sul piano della fede e dell’educazione cristiana? Beh, questo lasciamolo decidere al Signore. Forse un giorno scopriremo che in fondo – come dicono i giovani d’oggi – in oratorio e al campo estivo c’era tanta roba….

don Angelo Riva