La testimonianza di suor Dominique De Blasio, originaria di Nesso, e delle sue consorelle che vivono l’esperienza di questa piccola comunità, fondata dalle Suore Orsoline, che si occupa del recupero delle donne fuggite alla tratta di essere umani.

Siamo una comunità, appartenenti alla Congregazione delle suore Orsoline del Sacro Cuore di Maria, di Breganze (VI) formata da tre Suore. Per molti anni abbiamo avuto una comunità anche nella diocesi di Como a Torno. Abitiamo a Caserta dove abbiamo una casa di accoglienza per donne che sono vittime della tratta degli esseri umani, in modo particolare costrette allo sfruttamento sessuale. Donne che hanno subito violenza, che sono sfruttate, donne a cui viene tolta la dignità e diventano mezzo perché altri guadagnino soldi, potere e piacere. Sono donne umiliate, infangate, donne vittime della cattiveria di altri. Quando giungono da noi, a Casa Rut, hanno bisogno di ricostruire sé stesse, la loro vita e il loro futuro.

Le ragazze, donne, madri, passate per Casa Rut, in questi 27 anni di presenza, sono veramente tante. Ognuna di loro è per noi una storia di risurrezione, che ci insegna la forza e la tenacia della vita, la bellezza di una continua rinascita.
Così come la storia di Speranza e la sua bambina Marisol (nomi di fantasia), di appena due anni, che giungono da noi nell’ottobre del 2020.

Quando Speranza arriva in Italia, nel 2017, viene prelevata dal centro di prima accoglienza dal suo trafficante e costretta a lavorare in strada, in una città del Nord, per due lunghi anni. Incatenata al suo trafficante, che la obbliga a prostituirsi dietro minaccia, vive anni duri, difficili, di violenza, di invisibilità, di irregolarità. Speranza seppur non vuole questa vita, per paura di ritorsioni contro lei o la sua famiglia in Nigeria, è costretta a rimanere. Lo stato di stress che vive le provoca un malessere fisico e viene ricoverata alcuni giorni in ospedale. Al suo rientro a casa implora il suo trafficante di lasciarla libera ma… per il suo grido di aiuto non c’è pietà.

Una notte, grazie ad un’amica, trova la forza di scappare chiedendo aiuto ad un cliente e, preso un treno, arriva in Germania. Qui trova rifugio in un centro di accoglienza dove conosce il papà della sua bambina. Dopo due anni, la Germania, per effetto delle leggi internazionale di Dublino, la rinvia nel paese di approdo dove ha fatto richiesta di protezione; quindi, Speranza è costretta a rientrare in Italia. Lei e la sua bambina arrivano a Verona in uno alto stato di vulnerabilità; dorme in stazione due giorni ma viene subito intercettata dalla rete dei trafficanti per cui scappa nuovamente e giunge a Foggia dove l’ente anti-tratta si mette in azione per tutelare la sua vita chiedendo alla nostra comunità di accoglierla a Casa Rut.

Suor Dominique (al centro) insieme alle sue consorelle

Quando arrivano da noi sono molto provate e la paura abita i loro volti, i loro corpi. Giorno dopo giorno l’accoglienza, l’affetto, gli abbracci, il cominciare a sentirsi a casa, parte di una famiglia riportano luce, calore, serenità e il sorriso sui loro volti. Piano piano con Speranza e Marisol si attivano tutte le azioni necessarie per proteggere e promuovere le loro vite perché possano avere un futuro dignitoso che sa di bello, di buono, di nuovo, di libertà, di resurrezione.

Ci prendiamo subito cura della loro salute; ci attiviamo con la questura per sistemare lo status giuridico e fornire ad entrambe documenti per essere riconosciute, regolari in Italia così da poter studiare e lavorare. Marisol, di fatto, viene iscritta all’asilo nido così che la mamma possa frequentare un corso di italiano, prendere il diploma di terza media e successivamente, una volta ottenuti i documenti, iniziare un tirocinio di sei mesi presso una pizzeria. A noi, nelle lunghe serate di lavoro di Speranza, il compito di fare le “babysitter” diventando le nonne e le zie instancabili di Marisol, che ogni giorno portava, con gli altri bambini della casa, una ventata di vita nuova a Casa Rut. Al termine dei sei mesi il contratto da tirocinante si trasforma in un contratto di lavoro a tempo determinato. Ormai grandi passi sono stati fatti: i documenti ci sono, la lingua italiana è migliorata, l’inserimento lavorativo è fatto, qualche soldino da parte è stato messo… ora non resta che spiccare il volo e uscire dal nido di Casa Rut.

Si attivano così i contatti con le agenzie immobiliari oltre a mettere in moto una rete amicale, fatta di gente di buona volontà e solidale, per cercare un piccolo appartamento. Prima di arrivare all’obiettivo passa un po’ di tempo, le fatiche non mancano: accogliere le diversità, una ragazza di colore e la sua bambina trova sempre delle resistenze tra la gente. Ma…grazie al buon Dio sempre provvidente, la porta si apre e in quattro e quattro otto mettiamo su casa, senza spendere quasi nulla, grazie alla generosità di molte persone che hanno messo a disposizione, non solo cose (mobili, piatti, mezzi di trasporto etc.) ma anche tempo, entusiasmo, forza, disponibilità, ad ogni ora, perché questo sogno possa trasformarsi in realtà.

Ora Speranza e Marisol sono donne trasformate dall’amore, dalla cura di altre donne che facendosi compagne di viaggio si sono messe al loro fianco, scoprendosi insieme creature nuove, perché il Signore raggiunge ognuna di noi, là dove siamo, con le nostre fragilità e ci rialza, ci libera ci invita a camminare a non ricordare più le cose passate, a non pensare più alle cose antiche. Ecco io faccio una cosa nuova proprio ora germoglia… E ci domanda: voi ve ne accorgete?
E noi? Ci accorgiamo che Gesù opera nelle nostre vite e sta compiendo grandi cose?
Le nostre donne che vivono con noi ci spingono ad accorgercene e, questo è dono di Grazia che ognuna ci consegna. Le ringraziamo perché ci aiutano ad avere uno sguardo nuovo e, al tempo stesso, ad essere insieme segno di resurrezione per gli altri.

Sr. Agnese, Sr. Flora e Sr. Dominique
Sorelle di casa Rut

E’ possibile sostenere l’attività di Casa Rut acquistando i prodotti realizzati dalla Cooperativa New Hope dove lavorano alcune delle donne accolte presso la comunità. Un modo di riprendere il filo della propria vita (e riacquistare la propria dignità) anche attraverso il lavoro – CLICCA QUI.