Don Giusto Della Valle, parroco delle parrocchie di Rebbio e Camerlata e referente diocesano per la pastorale dei migranti e degli itineranti, riflette con il Settimanale sulla situazione dell’accoglienza a Como.

«Sono a Rebbio dal 2011 e se faccio un confronto tra quanto sta avvenendo in questi giorni e quanto succedeva allora, con la prima emergenza dei migranti in arrivo dalla Tunisia, sembra davvero che non si sia fatto nessun passo avanti sul fronte dell’accoglienza ai migranti che percorrono la rotta del Mediterraneo».

Abbiamo contattato don Giusto Della Valle, per riflettere con lui su quanto sta avvenendo in queste ultime settimane con l’aumento degli arrivi – soprattutto a Lampedusa – e i primi trasferimenti di migranti dal sud Italia verso nord. Quello di don Giusto non è solo uno sguardo da osservatore del fenomeno, ma da uomo in prima linea: «Una decina di giorni fa – conferma il sacerdote – la Prefettura ci ha chiesto di ospitare una decina di migranti in via emergenziale perché non si riuscivano a reperire posti nel territorio. Attualmente abbiamo ancora otto persone in accoglienza (due sono state trasferite in altre strutture)».

A questi si aggiungono una ventina di minori stranieri non accompagnati, accolti a Rebbio da mesi, e gli altri migranti che sono stabilmente accolti nelle strutture a disposizione della parrocchia.

I NUOVI ARRIVI
Con la prosecuzione degli sbarchi – sono quasi 35 mila persone arrivate in Italia dal 1° gennaio (dati del Ministero, vedi box) – e l’aumentare della pressione sugli hotspot nel sud Italia si sono intensificati i trasferimenti verso le diverse regioni italiane secondo uno schema ormai consolidato. Dai luoghi di sbarco, una volta identificati, i migranti vengono trasferiti negli hub regionali (per il nostro territorio il riferimento è Bresso, in provincia di Milano) e da qui suddivisi secondo quote stabilite nelle diverse province.
In provincia di Como è stato allestito un campo a Lipomo, presso la sede della Croce Rossa, che potrà arrivare ad ospitare una quarantina di persone, ma in questi ultimi giorni è intenso il pressing della Prefettura su tutte le realtà in passato impegnate nell’accoglienza – cooperative, associazioni, enti – per tentare di reperire posti sul territorio. A quanto risulta a il Settimanale le disponibilità offerte fino ad ora sono state scarse.

«La verità – continua don Giusto – è che il sistema costruito negli anni è stato completamente smantellato dai governi che si sono succeduti dal giugno 2018 (primo governo giallo-verde, ndr) ad oggi. Non che fosse un sistema perfetto, era evidente che ci fossero soggetti nati con l’unico obiettivo di fare business, ma per punire quest’ultimi si è finiti per distruggere tutto. Si è scelto di abbassare il contributo per l’accoglienza a 25 euro al giorno, una cifra insostenibile per chi cerca di fare accoglienza e integrazione: basti pensare ai costi di alloggio, vitto, mediazione, assistenza legale, formazione. Questo ha avuto un duplice effetto: chi cercava il puro business è andato via, perché non era più conveniente, mentre chi lavorava bene, ed erano tante le realtà sul territorio, ha alzato bandiera bianca perché non c’erano più le condizioni per un lavoro serio». Uno smantellamento del sistema di cui, complice la pandemia e il crollo degli arrivi, l’opinione pubblica non si è accorta, ma che ora sta presentando il conto.

«La provincia di Como – continua don Giusto – resta una delle poche in Italia a non avere ancora un centro SAI (Sistema di Accoglienza e Integrazione) e tutto è ancora affidato alla logica emergenziale dei CAS (Centro di Accoglienza Straordinaria).

LA PROTEZIONE SPECIALE
Ad aggravare la situazione in questa primavera e, soprattutto, nella prossima estate, potrà arrivare la decisione del governo di cancellare la cosiddetta “protezione speciale”, un tipo di protezione riconosciuta dalla legge italiana alle persone migranti che va ad affiancarsi e a espandere quella riconosciuta dalle leggi internazionali per le persone che sarebbero a rischio di persecuzione e gravi danni nel proprio paese.
«L’abolizione della protezione speciale – conclude don Giusto – risponde ad una logica vecchia che ha dimostrato di complicare le situazioni invece che risolverle: rendere più difficile l’ottenimento del permesso di soggiorno non farà da deterrente alle partenze, ma aumenterà solo il numero di quanti si ritroveranno senza permesso e, dunque, senza possibilità di lavorare, avere una casa. Se dovesse essere approvata questa norma in migliaia riceveranno il foglio di via, ma pochi di loro saranno effettivamente rimpatriati. Una sacca di persone irregolari che andranno ad alimentare varie forme di sfruttamento».