Fino al 24 febbraio, il Tribunale di Como, ospita la mostra “Sub tutela Dei – Il giudice Rosario Livatino”.  La mostra è visitabile fino al venerdì dalle 9.00 alle 17.00 e il sabato dalle 9.00 alle 12.00. La mostra vuol far conoscere la splendida figura di Rosario Livatino, magistrato siciliano che ha operato per tutta la sua carriera nell’agrigentino. Ucciso dalla mafia nel 1990 e beatificato il 9 maggio 2021. La mostra è promossa dalla “Libera Associazione Forense” di Como, con il patrocinio dell’Ordine degli Avvocati di Como, il Comune di Como e l’Università dell’Insubria – sede di Como. Qui il testo del Vescovo Oscar al convegno inaugurale: beato_LIVATINO

La mostra prevede un percorso diviso in quattro sezioni con testi, immagini, video e un audio che rievoca l’agguato e che introduce al percorso. La prima sezione è dedicata alla formazione personale di Livatino ed al contesto sociale ed umano in cui è cresciuto e vissuto. È quindi riportata la sua biografia e sono sviluppati temi centrali quali l’educazione familiare, in Azione Cattolica ed in parrocchia, il contesto storico in cui è vissuto, con particolare riguardo alla presenza mafiosa, la sua profonda religiosità e la sua grande umanità, che lo portavano ultimamente a rispettare sempre e comunque anche i peggiori malviventi, senza ombra alcuna di giustizialismo. La seconda sezione è invece dedicata alla figura di Livatino in qualità di giudice ed è data anzitutto enfasi alla sua concezione del magistrato quale operatore di giustizia. Sono, inoltre, spiegati il particolare contesto storico-criminale entro il quale Livatino era chiamato ad operare ed il contesto normativo allora esistente, quando le armi a disposizione degli inquirenti per combattere la malavita in genere, e la mafia in particolare, erano ancora piuttosto spuntate, mancando strumenti fondamentali. È infine esplicitato come al difficile contesto sociale ed alla scarsità di mezzi egli abbia risposto mettendo tutta la sua intelligenza, la sua passione, il suo impegno ed il suo estremo rigore professionale nella ricerca della verità e della giustizia, al servizio del bene comune, tanto da attirare l’attenzione dei mafiosi, che decisero di eliminarlo.

Nella terza sezione si tratta del martirio e della beatificazione di Livatino e, con l’occasione, si riferisce anche di Piero Ivano Nava, una persona che è stata testimone chiave nei processi per l’assassinio del giudice e che, avendo scelto di testimoniare contro la mafia, ne ha avuto la vita sconvolta ed è tutt’ora costretto a vivere sotto copertura. È illustrato, in particolare, quale fu il movente specifico che indusse la mafia a decidere di eliminare il giudice Livatino e sono descritte le modalità esecutive dell’assassinio; sono, inoltre, ripercorse le varie fasi del processo canonico: dalla fama di martire, all’evidenza che il martirio era avvenuto “in odium fidei”, sino alla cerimonia di beatificazione. Nella quarta sezione, infine, si dà atto dell’eredità lasciataci da Livatino. Dall’importante ruolo della Chiesa nella resistenza alla mafia alle testimonianze di donne e uomini che in vari modi hanno conosciuto ed incontrato Rosario Livatino. Inoltre, le riproduzioni di due lettere, l’una scritta da uno dei mandanti dell’omicidio, Salvatore Calafato, l’altra scritta da uno degli esecutori, Domenico Pace (entrambe commoventi e segno di un pentimento “miracoloso”).