«Si possono avere religioni differenti e professare culti diversi pur essendo tutti italiani». Questo è lo scopo del Patto Nazionale per un Islam italiano. Alla stesura del documento, firmato il 1° febbraio al Viminale dal ministro dell’Interno Marco Minniti e dalle associazioni musulmane più rappresentative in Italia, ha partecipato una consulta di esperti di cui fa parte anche il prof. Alessandro Ferrari, docente di Diritto Ecclesiastico dell’Università degli Studi dell’Insubria.

«Tra i punti cruciali alla base del patto – spiega il prof. Ferrari – c’è il principio della libertà di culto, un valore inalienabile, un punto fermo che fa di una democrazia una democrazia e di una civiltà una civiltà».

alessandro-ferrari-530700.610x431«Tra le misure concordate nel patto – continua il professore – si trova, ad esempio, la promozione di una formazione per gli Imam, per scongiurare il pericolo di Imam “fai da te”; l’apertura dei luoghi di preghiera ai non musulmani; la traduzione dei sermoni in italiano; finanziamenti nella costruzione delle moschee in Italia e un piano per l’organizzazione giuridica dell’associazionismo musulmano in Italia».

Dietro al corpo che ha provveduto alla stesura del patto, oltre alla consulta nominata nel 2015 dall’allora ministro degli Interni Angelino Alfano, ci sono anche i rappresentanti delle maggiori organizzazioni islamiche italiane che rappresentano il 70% dei residenti musulmani nel nostro Paese.

LA BUFALA DELL’INVAZIONE “ISLAMICA”

Sempre sul fronte della presenza dei fedeli di religione islamica in Italia il portale Open Migration (LEGGI QUI) ha pubblicato nei giorni scorsi un articolo che – numeri alla mano – smentisce le tesi di chi, da tempo, parla di una presunta “invasione” islamica in Italia. I dati del 2014 dimostrano, infatti, come seppur la presenza di fedeli musulmani sia aumentata fortemente negli ultimi venti anni, in termini percentuali continui a rappresentare circa un terzo degli stranieri residenti in Italia.

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