Ogni 16 agosto tante comunità della nostra diocesi festeggiano san Rocco, uno dei santi che l’Occidente cattolico ha più venerato tra XV e XIX secolo, nonostante le lacune e i punti oscuri della sua biografia. Vissuto nel ’300, Rocco era nato a Montpellier. Fulcro della sua vita fu un pellegrinaggio a Roma, durante il quale si prodigò nella cura e guarigione degli appestati, finendo per contrarre la malattia. La diffusione del suo culto è legata al potere taumaturgico che gli venne attribuito e che sospinse le comunità a invocarlo per la guarigione dalla peste, morbo che segnò pesantemente la storia socio-economica europea: dalla triste pandemia trecentesca alle epidemie successive e fino alla “peste di Marsiglia” del 1720, che costituì l’epilogo di quella devastante piaga.
Anche a Como era presente in passato una certa devozione il santo. La chiesa ancor oggi a lui dedicata, e posta in via Milano alta, era anticamente detta di S. Protaso e venne ricostruita nel 1535 da una confraternita borghigiana di S. Rocco, i cui ascritti vestivano abito bianco con cordone e mozzetta rossi. Esisteva poi un’altra chiesa intitolata al santo di Montpellier e si trovava all’imbocco di borgo Vico, al cosiddetto “ponte di San Rocchetto”: qui nel 1584 venne fondata una confraternita di S. Rocco, devota all’Immacolata e dedita alla celebrazione dell’Ottavario dei Defunti.
Una analoga confraternita era stata costituita nella chiesa di S. Provino (ancora esistente in piazza Roma), presso l’altare dei SS. Rocco, Sebastiano e Martino. La chiesa era anticamente intitolata a S. Antonino, ma nel 1096 vi vennero traslate le reliquie del vescovo Provino, a cui la si dedicò.
La confraternita in S. Provino era intitolata anche a S. Sebastiano e vi potevano accedere uomini e donne. A inizio Settecento contava una trentina di iscritti, che usufruivano di un oratorio per la recita dei vespri mariani e per la preghiera domenicale a suffragio dei confratelli defunti. Disponevano anche di una sala per le riunioni e di un locale in cui si riponevano i beni destinati all’uso liturgico: croci, calici, candelieri, paramenti.
I confratelli partecipavano alle processioni cittadine indossando un abito bianco con collo verde. Inoltre tenevano una processione annuale in occasione della festa di S. Rocco e un’altra nel lunedì dopo Pasqua, con la quale si portavano “per uso antico” fino alla croce del monte di S. Maurizio. Anzi: la “croce grande che sta piantata sopra il monte” era annoverata fra i beni della confraternita stessa.
Il 25 dicembre di ogni anno i confratelli si riunivano per eleggere gli officiali. Per il 1754 fu designato priore Giovanni Battista Peverelli, sotto la cui guida la processione del 16 agosto si tenne “con maggior particolarità e decoro”, tanto da redigerne una memoria scritta.
Il documento non descrive il percorso della processione, ma sappiamo che essa passò dalla attuale piazza Volta (detta allora “la Iasca”), dove Giuseppe Rossi, confratello in S. Provino, aveva allestito una porta trionfale. Alle finestre delle case erano state esposte coperte e tappeti che facevano una “maestosa comparsa” e per strada venivano sparati mortaretti in segno di festa.
Al ritorno in chiesa, si intonò il Tantum ergo con accompagnamento di vari strumenti musicali e venne data la benedizione “con trombetta e con sbaro di cento e più mortaretti”.
In quella giornata e nella successiva, il priore distribuì ai convenuti “copiosi rinfreschi” acquistandosi “eterna memoria”.