“Sud Sudan, il lungo e sofferto cammino verso pace, giustizia e dignità” è il titolo del libro di padre Daniele Moschetti, missionario comboniano, per 7 anni impegnato in Sud Sudan dove è stato Superiore provinciale della sua congregazione.

Padre Daniele sarà in diocesi di Como la prossima settimana per presentare questo volume – con prefazione di Papa Francesco – in due appuntamenti a Como e Talamona:

Lunedì 2 ottobre, alle 20.45, al Centro Cardinal Ferrari in via Cesare Battisti 8 a Como. Alla serata interverrà anche Enrica Valentini, laica missionaria – originaria di Como – recentemente rientrata dal Paese dopo 7 anni.

Venerdì 6 ottobre, alle 20.45, a Talamona (SO) nella sala parrocchiale in via Gavazzeni 21.

L’opera di Padre Moschetti – edita da “Dissensi” –  ci permette di penetrare nel dramma vissuto dal popolo sud sudanese e di comprendere passato, presente e futuro di questo giovane Paese africano. Il suo arrivo nel Paese è coinciso infatti con il referendum per l’indipendenza dal Sudan (2011) e, due anni dopo, con lo scoppio della guerra tra l’esercito regolare e i miliziani fedeli all’ex vice-presidente Riek Machar. Una crisi, iniziata nelle regioni petrolifere del nord al confine con il Sudan, che si è successivamente estesa ad altre aree del Paese coinvolgendo diversi gruppi e movimenti.

Dall’inizio della crisi – secondo quando riportato dalla Nazioni Unite –  2,3 milioni di persone sono state costrette a lasciare le proprie case diventando sfollati interni o rifugiati nei Paesi della regione. Soltanto l’Uganda ne accoglie oltre un milione.

La serata è organizzata dalla Caritas diocesana in collaborazione con il Centro Missionario e Il Settimanale.

L’APPELLO DEI VESCOVI SUD SUDANESI

“Il nostro Paese non è in pace. La gente ha paura. La guerra civile, che abbiamo spesso descritto priva di alcuna giustificazione morale, continua”. Il dilagare di questa situazione ha spinto i vescovi del Sud Sudan a pubblicare una Lettera pastorale ripresa dall’agenzia Fides, nella quale lamentano l’attacco ai civili sia da parte del governo che dell’opposizione, e lanciano un allarme sulla dimensione etnica che il conflitto ha assunto.

“Nonostante i nostri appelli rivolti a tutte le parti, fazioni e singoli individui per fermare la guerra, si continua ad uccidere, rapinare, saccheggiare, fare sfollare la gente, attaccare le chiese e distruggere proprietà in tutto il Paese. In alcune città c’è la calma, ma l’assenza di armi da fuoco non significa che la pace sia arrivata. In altre città, i civili sono ‘prigionieri’ a causa dell’insicurezza nelle strade circostanti”, si legge nel documento. La gente non ha un posto sicuro dove mettersi al riparo dalle violenze: “Anche quando sono venuti a cercare riparo nelle nostre chiese o nei campi profughi delle Nazioni Unite hanno continuato a subire abusi da parte delle forze di sicurezza”.