Non accenna ad affievolirsi il dibattito sul futuro delle mense cittadine a Como. Sul finire della scorsa settimana la giunta comunale ha dato seguito a intenzioni manifestate a più riprese nelle settimane precedenti, deliberando l’indirizzo per la sperimentazione della parziale esternalizzazione del servizio di ristorazione scolastica. Secondo le indicazioni fornite da Palazzo Cernezzi, dal prossimo anno scolastico la gestione del servizio sarà di tipo misto, con la cessione del 53% della preparazione dei pasti destinati alle scuole a un gestore esterno che verrà scelto tramite apposito bando di concorso. “I plessi che usufruiranno del servizio esternalizzato – ha fatto sapere in una nota l’Amministrazione – saranno quelli non dotati di cucina che già attualmente ricevono i pasti, con l’aggiunta di quattro scuole che non possono essere mantenute in funzione. Si tratta delle scuole di via Alciato, di Breccia, di Prestino e di Monteolimpino. Le altre cucine continueranno a funzionare grazie all’attività del personale a tempo indeterminato attualmente già impegnato con la stessa mansione”.

“Il cambiamento di gestione della ristorazione scolastica- ha puntualizzato il Comune- rappresenta l’avvio di un processo di modernizzazione complessiva che dovrà prevedere l’informatizzazione del sistema. L’obiettivo primario perseguito dall’amministrazione rimane mantenere elevato il livello qualitativo dei pasti serviti, nel rispetto dei principi di sicurezza alimentare”.

Una delle mense scolastiche

Dura la posizione della CGIL, in particolar modo per il futuro di 47 lavoratrici che con la nuova gestione perderanno il posto di lavoro. Sulle azioni future previste dal sindacato, che ha pensato di coinvolgere anche il prefetto, Il Settimanale intervistato la segretaria generale CGIL-FP Alessandra Ghirotti  per far luce sulla posizione dei sindacati.

Siete convinti che il prefetto possa intervenire sulla questione? Se sì, cosa sperate di ottenere?

«L’obiettivo è quello di riportare il Comune su ragionamenti diversi, ovvero la non chiusura delle cucine, il rinnovo dei contratti a tempo determinato anche per il prossimo anno e l’apertura dell’assemblea tematica chiesta con la raccolta di firme. Il risultato dipenderà ovviamente dalle posizioni che l’Amministrazione deciderà di assumere. Molte volte questa ha cambiato punto di vista in merito alla questione e ci sono stati dei passaggi che hanno fatto pensare che potrebbe tornare sui suoi passi, ma la faccenda rimane problematica».

Cosa fareste nel caso in cui la richiesta di mantenere le 47 lavoratrici a tempo determinato non venga considerata?

«La questione andrà valutata insieme alle lavoratrici; abbiamo infatti convocato un’assemblea per il prossimo 6 aprile, in cui valuteremo l’ipotesi di procedere con altre forme di mobilitazione».

Come vivete la situazione al momento?

«È molta la preoccupazione sia rispetto alla situazione del personale, visto che al momento non c’è nessuna misura di tutela per queste persone, sia rispetto alla nuova gestione del servizi; l’esternalizzazione del 53% dei pasti prodotti è il primo passo verso una direzione che preoccupa molto. Il modo in cui il servizio è stato gestito finora, seppur con qualche difficoltà ha sempre funzionato, perciò la gestione dovrebbe rimanere nelle mani del comune e non essere affidata a terzi. Tra l’altro se finisse in territori dislocati dalla città, dal momento che a Como non si sa se ci sia un luogo adeguatamente attrezzato per la preparazione di 4mila pasti, questo potrebbe avere delle ripercussioni sulla qualità del cibo. È a fronte di queste preoccupazioni che abbiamo deciso di raccogliere le firme per l’apertura  di un dibattito pubblico sul tema».

Voi avete spesso dichiarato il vostro disappunto per le decisioni che si stano prendendo in sede comunale. A livello propositivo, quali sono invece le vostre alternative?

«La proposta iniziale era quella di istituire un centro unico di cottura e comunque di darsi un tempo maggiore per prendere decisioni su un tema così delicato. Oltretutto sta cambiano anche la normativa sulle assunzioni, quindi con il 2019 qualche novità ci sarà sicuramente. Andare avanti così per come è ora la situazione è piuttosto difficile. Manteniamo valide le l’ipotesi del centro unico di cottura, piuttosto che il mantenimento delle cucine che sono in grado di preparare i pasti. Tutte le opzioni sono possibili, ci vuole però la volontà politica di investire su un servizio che rimanga in capo al comune e che non venga esternalizzato».

Una delle mense