«Caro Alfie la tua breve, umile, semplice “vita speciale” ha scosso i pensieri e le coscienze di molti. L’augurio è che questo tsunami mediatico ci serva domani a ricordare che esistono, nelle nostra città, nei nostri ospedali, nelle nostre parrocchie, nei nostri caseggiati, tanti bambini e tante famiglie che vivono situazioni similari, magari non così “limite” come la tua, che pure necessitano tremendamente della nostra disponibilità, della nostra testa, del nostro cuore e, magari, anche di un briciolo del nostro tempo. Un abbraccio»
Si conclude così la lettera che il dott. Angelo Selicorni, direttore della Pediatria del S. Anna di Como e tra i più importanti genetisti italiani, ha affidato al Settimanale a pochi giorni dalla morte del piccolo Alfie Evans. Una riflessione per provare ad allargare lo sguardo e fare – se possibile – tesoro di una vicenda che rischia di essere dimenticata troppo in fretta.
Caro Alfie, ora che hai raggiunto Charlie nel cielo dei “santi innocenti” cioè nel paradiso di quei molti bambini che ben conosciamo e che non raramente abbiamo avuto il dono di incontrare e di assistere, la cui vita è caratterizzata da una “condizione” di sofferenza costante senza alcuna colpa e senza alcuna spiegazione razionale, aiutaci a mettere in file i pensieri e a trarre qualche utile insegnamento dalla tua breve ma intensissima storia di vita.
Ti vorrei ringraziare perché ci hai chiaramente insegnato come per te, come per tantissimi bambini affetti da patologie rare o ultra rare, sia scorretto parlare di malattia ma di vera e propria “condizione di vita”. Questo fa la differenza enormemente perché considerare un male, un “non senso” una persona, una vita umana è la cosa più tremenda che un uomo dotato di senno possa fare.
La tua storia ci insegna che esistono “condizioni di vita” particolari e al limite che abbiamo il dovere di conoscere, di valorizzare e di accogliere in tutta la loro complessità e la loro fatica perché dietro la prima facciata di grande sofferenza, dolore e difficoltà si celano storie di incredibili “donazione totale” , di amore assoluto e di adesione ad un destino non cercato ma accettato quotidianamente da cui trarre solo enormi e preziose lezioni di vita.
Ti ringrazio anche perché ci hai ricordato che esiste un differenza enorme tra ciò che definiamo “inguaribile” e ciò che è definito “incurabile”. La cura dei bambini come te, affetti da “condizioni inguaribili” è qualcosa che dobbiamo considerare non solo possibile, ma anche eticamente e civilmente dovuto. L’ estrema incertezza o l’ineluttabile prognosi sfavorevole di molte di queste “condizioni” non puo’ e non deve mai rappresentare un alibi per nessuno . Chiunque deve avere come suo dovere assoluto la ricerca della “cura” più adeguata a garantire la miglior qualità di vita possibile a questi bambini ed alle loro famiglie come la nostra stessa legge sulle cure palliative correttamente recita.
La lettera completa sull’ultimo numero de Il Settimanale dove trovate anche una riflessione della giornalista e scrittrice Milly Gualteroni.