Sabato 8 giugno, a Como, alle ore 10.00, in Cattedrale, don Andrea Giorgetta sarà consacrato presbitero. A presiedere il rito solenne il vescovo monsignor Oscar Cantoni e decine di sacerdoti da tutta la diocesi.
Don Andrea è originario di Chiavenna, della parrocchia di San Lorenzo. Nasce il 5 gennaio 1989; si diploma come geometra e inizia un’esperienza lavorativa presso un’agenzia immobiliare. Sette anni fa l’ingresso in propedeutica, in quel periodo situata presso la parrocchia di Maccio, dove svolge la sua prima esperienza pastorale. In prima teologia, nell’anno seguente, svolge il suo servizio pastorale a Gironico. Successivamente in seconda e terza teologia a Cagno, poi a Manera infine nella Comunità pastorale di Gravedona e Uniti come seminarista di quinta teologia e nell’attuale anno di servizio diaconale. In questi giorni la comunità di Chiavenna, che sabato sarà presente in gran numero per l’ordinazione, si è preparata nella preghiera. Sabato 8 giugno, a San Fedele di Chiavenna, don Andrea sarà presente, alle ore 21.00, alla Veglia di Pentecoste. Don Giorgetta elebrerà la prima Messa domenica 9 giugno, alle 10.00, nella Collegiata di San Lorenzo.
“Predicate sempre il Vangelo, e se necessario anche con le parole”. Questa la frase che don Andrea ha scelto per l’ordinazione. «È una frase che mi piace molto – ha spiegato in un’intervista pubblicata la scorsa settimana sulla nostra edizione cartacea – perché parla di una testimonianza diretta, visibile nei fatti. Mi piacerebbe nel mio ministero riuscire a parlare prima con le opere, poi eventualmente, se fosse necessario, con le parole. È un’indicazione ma anche un augurio che faccio a me stesso, un punto fermo del mio essere e del mio essere prete. Quindi se non altro non stancherò con lunghe prediche!».
Osservando la locandina che annuncia la tua ordinazione balza all’occhio un particolare: sarai l’unico “novello” di quest’anno…
«Non solo l’unico novello, ma l’unico che ha affrontato da solo il percorso fin dall’ingresso in Seminario. Un po’ mi sono abituato all’idea che non avrò “compagni” di Messa, ma non nascondo che mi sono mancate le occasioni di confronto con i “pari”, con chi avrebbe potuto vivere quello che vivevo io nello stesso momento. Ciò non toglie che non sono mancati il sostegno e l’aiuto da chi mi ha accompagnato in questo lungo percorso».Lungo e anche un po’ più tortuoso del previsto, perché ti ha accompagnato e ti accompagna anche la malattia.
«Sì, sono affetto da fibrosi cistica. L’ho scoperto circa dieci anni fa. Non è una malattia che ti dà molta tregua, devo fare controlli periodici, ogni tanto ci sono i ricoveri… e la paura di non portare a termine i progetti in parrocchia c’è sempre. Ogni tanto dico che mi sto abituando a questa cosa, ma non è sempre così. Finora però sono riuscito a conviverci e la fibrosi non ha fermato il mio sogno. Spero di essere d’aiuto a chi convive con difficoltà di ogni genere a non mollare e a dare tutto quello che si è in grado di dare in base alla situazione che si vive. Come dice un detto: “Fai quel che puoi con quello che hai, nel posto in cui sei”».La tua vocazione come è nata? Grazie a chi?
«Più che grazie a chi direi grazie a cosa, e mi riferisco alle GMG (Giornate mondiali della Gioventù). Esperienze che per me sono state fondamentali. Sicuramente il retroterra era favorevole: sono cresciuto in oratorio a Chiavenna e l’ambiente ha favorito una vocazione che ha iniziato a bussare con una certa insistenza negli ultimi anni delle scuole superiori. Se devo trovare una data chiave penso alla GMG di Colonia 2005.Lì qualcosa in me si è acceso… Poi c’è stato un periodo di allontanamento e di riflessione, ma la GMG di Madrid nel 2011 ha tolto ogni dubbio. C’è stata poi anche quella di Rio de Janeiro 2013. Tante occasioni per conoscere sacerdoti e laici che hanno lasciato il segno».Cosa ti aspetti dal futuro? Qual è il tuo sogno?
«Mi aspetto e mi auguro di poter vivere in vera collaborazione con gli altri sacerdoti, credo che sia indispensabile da prete sperare che questa sia la base di ogni cosa. Il mio sogno per ora sono i giovani: lavorare con e per loro».