A dirlo ufficialmente ora sono anche i numeri: la frontiera di Chiasso e, più in generale, i valichi del Canton Ticino non sono più un passaggio privilegiato attraverso cui raggiungere il nord Europa. Non che ci fosse bisogna dei numeri per scoprirlo; è sufficiente frequentare le stazioni di Como San Giovanni e di Chiasso per rendersi conto di come il passaggio di persone intenzionate ad entrare irregolarmente in Svizzera non sia lontanamente paragonabile non solo ai picchi dell’emergenza del 2016, ma anche ai numeri registrati negli anni successivi.

Il report diffuso da Berna la scorsa settimana e, più precisamente, dall’Amministrazione federale delle dogane parla di 12.927 tentativi di passaggio (ovvero una persone potrebbe essere conteggiata più volte, una per ogni tentativo effettuato) a fronte dei 16.563 del 2018 e dei quasi 50 mila (48.838 per l’esattezza) del 2016.

Se guardiamo i dati relativi alla regione IV, quella comprendente il Canton Ticino, i numeri sono ancora più bassi: nel 2019 i tentativi di passaggio sono stati complessivamente 3.474 per un totale di 3.160 persone intercettate e, successivamente, riammesse in Italia.

I dati complessivi parlano di 5575 riammissioni a livello nazionale di cui 3319 ai valichi del Ticino.

Anche in questo caso è utile un confronto con il 2016 quando, nei mesi più caldi della crisi, quasi 7500 al mese di cui oltre seimila solo ai valichi del Ticino.

Numeri ai minimi dunque: per fare un paragone con gli anni precedenti al 2016, siamo a livelli minori anche rispetto a quelli non solo del 2015 (31.038), ma anche del 2014 (14.265).

Per quanto riguarda le nazionalità, concentrandoci sul Ticino, le persone fermate provenivano principalmente da Nigeria, Gambia, Algeria, Pakistan e Marocco.

Numeri che parlano di una realtà ben diversa da quella di alcuni anni fa, quando l’attenzione dei media di tutta Europa si era concentrata su Como, ma che non deve trarci in inganno.

Gli arrivi in città, seppur con numeri ridotti, continuano e sono spesso legati ad una mobilità interna all’Italia da parte di persone (migranti, ma anche italiani) rimasti senza accoglienza.