Don Mario Biffi, sacerdote della Diocesi di Como, attualmente assegnato alla nunziatura apostolica di Yaoundé in Camerun, è  tornato recentemente in Italia per alcuni giorni di riposo da trascorrere con la famiglia a Busto Arsizio e nella parrocchia «adottiva» di Teglio. Gli abbiamo rivolto alcune domende:

Don Mario, dopo gli studi romani è iniziata la tua esperienza diplomatica in Camerun…
«Sono stato assegnato alla Segreteria della Nunziatura per il Camerun e la Guinea equatoriale. Come ogni Nunziatura, il nostro compito è di propiziare le relazioni fra la Santa Sede e la Chiesa locale, favorendo l’accoglienza del magistero del Papa e le indicazioni dei diversi dicasteri romani. In più curiamo il rapporto diplomatico con i due Stati, in particolare l’accordo-quadro con la Santa Sede che sta entrando ora nella sua fase applicativa».

Per noi si tratta di mondi molto lontani…
«Si tratta di Paesi magnifici, estremamente vivaci, ricchi di una grande varietà culturale, che si esprime nella pluralità non solo dei gruppi etnici e religiosi, ma anche delle lingue parlate (tre lingue ufficiali e più di 200 dialetti locali). Una varietà culturale che crea anche tensioni, in particolare fra le comunità francofone e quelle anglofone, alimentando anche disegni secessionistici. Politicamente questo rappresenta il problema più grande, insieme ovviamente alle infiltrazioni del terrorismo islamista di Boko Haram nella parte nord del paese. Chiaramente la Chiesa cattolica è chiamata a svolgere un grande ruolo di mediazione e di pacificazione».

Una Chiesa molto giovane…
«Giovane e vivace. La cosa che forse salta più all’occhio, facendo un paragone con le nostre realtà europee, è il forte coinvolgimento pastorale dei laici. Stimolato anche dal confronto con identità molto diverse, di tipo culturale, religioso (la religiosità animista) e confessionale (le chiese protestanti). Ciò ha propiziato l’attitudine a ricercare punti di dialogo e di confronto».

Una parola sulla tua tesi dottorale che è recentemente diventata un libro*…
«E’ stata il frutto di diversi lavori precedenti, favoriti dalla mia conoscenza della lingua cinese. Certamente motivata anche dalla crescente importanza del colosso cinese nel panorama geopolitico mondiale. Ho voluto dare alla tesi un taglio storico (l’evoluzione, continuamente aggiornata, dell’idea del «sinocentrismo») ma ovviamente con molti riferimenti al diritto diplomatico. Ne scaturisce, credo, la rappresentazione della modalità tipicamente cinese di rapportarsi al mondo e alle relazioni internazionali».

Nostalgia dell’Italia e della tua Diocesi?
«Naturalmente sento molto l’attaccamento alle mie radici. Anzi, a volte la lontananza sembra accentuare il legame, anziché affievolirlo. Nel pensiero e nella preghiera, soprattutto nei mesi difficili del Covid, con le notizie che filtravano dall’Italia. Ovviamente il ricordo è spesso per la mia famiglia, i miei cari e le comunità che mi hanno cresciuto. In Camerun però mi sento anche un po’ a casa, grazie ai tanti missionari di origine comasca tuttora lì operanti e soprattutto all’impronta lasciata dalle nostre missioni diocesane e dai sacerdoti fidei donum che sono stati qui. Molte volte mi capita di cogliere parole di apprezzamento per loro e per il lavoro svolto. Quando dico «diocesi di Como» raccolgo immediatamente testimonianze di stima e di gratitudine».

*La tesi di don Mario Biffi discussa per il dottorato di ricerca in Diritto Canonico all’Università Lateranense e pubblicata nel 2019 dall’editore Wolters Kluwer con il titolo: “Ridefinizione del sinocentrismo come criterio ermeneutico della diplomazia cinese”.