Oggi, 7 febbraio, è la 43° Giornata Nazionale per la Vita. Il tema scelto per quest’anno 2021 è “Libertà è Vita”. Il giudice Giuseppe Anzani ha scritto per noi questa interessantissima riflessione. In coda all’articolo l’intervista alla presidente del Centro Aiuto alla Vita di Como, Daniela Matarazzo, membro del direttivo “Federvita Lombardia” andata in onda venerdì 5 febbraio 2021 su “Radio Mater” all’interno della rubrica “La Diocesi di Como – Una Chiesa in cammino”. Buona lettura e buon ascolto!

Di settimana in settimana cambiano i colori del Covid-19 nelle varie Regioni, e cambiano le diverse misure che ci tolgono libertà.  Ne soffriamo tutti.  Si tratta di cautele necessarie, naturalmente. E’ stato un anno cattivo, l’anno di pandemia  che in questi giorni compie il giro. Un nemico invisibile, sconosciuto,  ci ha assalito a milioni nel mondo; a molti non ha fatto nulla o quasi nulla, ad altri ha dato la morte, e una morte cattiva, penosa. Una morte anche tristemente remota, solitaria. Il vaccino porta ora lo spiraglio di una speranza a frenare le ondate e a debellare il morbo; ma frattanto ancora permane la paura, la difesa, la distanza, la forzata solitudine. Mi è accaduto di pensare in questi mesi a come s’è capovolta l’emozione interiore, in fatto di salute, rispetto alla sbornia di “autodeterminazione” che in una stagione del passato recente ci ha riempito la bocca. Come se la salute fosse un dominio del volere soggettivo, un potere sulla vita secondo tavolozze d’arbitrio, e sulla morte quando e come voluta. Ora un nulla di Rna, che neanche al microscopio si vede, e chissà se è una cosa viva o un puro codice maligno che si replica, ha messo in ginocchio il mondo. Ci ha dato dolore, e anche pietà. Rintanati a forza, ci ha fatto pensare al filo cui siamo sospesi, non tessuto da noi, e alla preziosità di quel dono di vita ricevuto da ognuno, e chiamato a rifiorire in dono. Nella forzata clausura dei giorni di zona rossa il pensiero ha colto anche la privazione più amara, quella della relazione. Infatti non c’è tecnologia virtuale che l’eguagli o ne tenga luogo. Libertà è altra cosa, libertà è presenza e accoglienza, libertà è il tempo comune, il gesto scambievole.  E così il desiderio più acuto, nei cuori reclusi, di riprendere la libertà non è neppure quello di schiodare la porta per andare fuori dove si vuole, ma andare “verso”, verso gli altri, verso la vita condivisa.

Mi impressiona dunque, e anche commuove, vedere che nel Messaggio per la giornata della Vita i vescovi italiani parlano soprattutto di libertà. Ne interrogano il senso sociale, politico e religioso. E subito ne fanno apparire la finalità costruttiva, la libertà spesa e donata nella relazione (nella comunione) in luogo di sciuparsi in egoismo. E così si disegna da sé l’orizzonte della libertà distrutta e morta nelle derive abortive ed eutanasiche. Il compimento della libertà, dice il documento, è il Sì alla Vita, e questo può cambiare la storia. Mentre leggo queste parole penso alla statistica dei morti di Covid, più di 76mila nell’anno 2020 (oggi 90mila); e poi penso al numero dei morti d’aborto del 2020 che l’Istat pubblicherà, e che sarà simile, se non di più. E il dolore e la pietà per questa strage di innocenti mi percuote nel profondo.  Ma è libera, come dicono, o innescata da abbandono, da una sconfitta solitaria, o contagiata di cultura di rifiuto? La facilitazione della morte spegne l’attenzione al bisogno d’aiuto che grida dentro la maternità difficile. Ma l’aiuto alla Vita è allora una libertà liberante. Un soccorso che scioglie i lacci della resa alla morte, un amore che ricostruisce nella relazione la libertà reale di accogliere la Vita. Liberiamola.

GIUSEPPE ANZANI