Como non si può immaginare senza il suo lago, la sua Cattedrale e il suo Crocifisso. Inizia con queste parole il racconto del secondo grande miracolo “pubblico” del Crocifisso che dal 1401 veglia su Como. Il primo furono le catene spezzate all’altezza del ponte sul Cosia, dove oggi sorge la chiesa di San Bartolomeo. Le catene, nel 1529, segnavano il confine con Milano. I soldati volevano impedire il passaggio della processione che all’epoca si svolgeva la sera del giovedì santo (era il 25 marzo). La croce toccò quelle catene che si spezzarono, portando con sé una gran quantità di pietre, raccontano le cronache dell’epoca. Una devozione da sempre fortissima quella per il Crocifisso, tanto che durante la Seconda guerra mondiale, quando sembrava certo un bombardamento su Como, la città si affidò a Lui con una processione straordinaria. Erano almeno diecimila persone, in un freddo giorno di gennaio. Como fu risparmiata (ecco il secondo miracolo sopra citato): ringraziò il suo Crocifisso con una solenne processione presieduta dal cardinale di Milano Ildefonso Schuster e da allora, ogni anno, il Comune dona al Crocifisso un cero che sul, presbiterio della Basilica, insieme al cero pasquale, arde in segno di riconoscenza. Questi, dunque, i due grandi miracoli “pubblici”. Perché molti e molti di più sono quelli “personali”, che quotidianamente e ininterrottamente il Crocifisso assicura a tutti, sottoforma di eventi prodigiosi, ma soprattutto come consolazione a chi lo prega con devozione.

Durante la Settimana Santa è tradizione, per tutti i devoti al Crocifisso, entrare nel Santuario di viale Varese per baciare quel legno miracoloso, che un gruppo di pellegrini francesi portò a Roma per il solenne giubileo del 1400. Erano partiti un anno prima e furono ospitati dai padri celestini che allora reggevano l’Oratorio di San Pietro in Como (l’attuale parrocchia della SS. Annunciata). Sulla strada del ritorno, donarono il Crocifisso a chi li aveva accolti con tanta generosità. La pandemia in corso, anche quest’anno, sta condizionando i riti della Settimana Santa. “Ma se lo scorso anno eravamo in lockdown stretto, ora le chiese sono aperte e, sebbene con tantissime limitazioni, i fedeli possono avvicinarsi per venerare il Crocifisso”. Questa la testimonianza raccolta fra i corridoi e le navate della Basilica. L’afflusso è contenuto e ordinato. “Il Crocifisso è esposto dal Mercoledì delle Ceneri – aggiungono – in questo modo le persone hanno avuto la possibilità di venire in chiesa a pregare il Crocifisso per l’intera durata della Quaresima e non solo nella Settimana Santa“. Cosa dicono i fedeli? “C’è grandissima emozione. Abbiamo visto tanti anziani con gli occhi lucidi perché sono riusciti, di nuovo, a spingersi su in cima al palco per lasciare ai piedi del Crocifisso i loro pensieri e le loro preghiere. Ci sono poi le famiglie. I più belli sono i bambini che ascoltano con curiosità la storia del Crocifisso“. L’accesso alla Basilica è possibile già alle 6.30 del mattino. Per tutto il giorno si susseguono momenti di preghiera ed è assicurata la possibilità di confessarsi. Il percorso è a senso unico: si entra, si accede al palco dal lato destro del presbiterio, si sale e ci si può fermare in alto qualche attimo per la preghiera, senza baciare o toccare il Crocifisso, si scende dal lato opposto e si esce dal “corridoio dei miracoli”. Il servizio d’ordine è a disposizione così che tutto possa svolgersi nel rispetto delle disposizioni di sicurezza. “Tutto questo è un grande dono”, è la chiosa. Venerdì pomeriggio, 2 aprile, alle 15.00, il Vescovo Oscar presiede, nella Basilica del Crocifisso, il rito della Via Crucis.