Il Santo Padre incontrerà gli adolescenti italiani lunedì dell’Angelo, 18 aprile, in piazza San Pietro. Questa iniziativa è rivolta a tutti i ragazzi dai 12 ai 17 anni provenienti da diocesi, parrocchie, movimenti e associazioni. «Il pellegrinaggio degli adolescenti italiani – dicono dal Servizio nazionale di Pastorale giovanile – vuole essere un’esperienza di comunione fraterna: con i compagni di viaggio, attraverso la condivisione di piccoli e grandi bisogni quotidiani; con i coetanei che si incontreranno, per la sorpresa di una prossimità che rende presente tutta l’Italia; con la Chiesa, che è “solo” comunione, una comunione tra Terra e Cielo, tra donne e uomini testimoni della fede nel Signore risorto di tutti i tempi». In un periodo come quello che stiamo attraversando, «un appuntamento del genere ha il carattere della follia unito a un po’ di coraggio sapiente e alla passione che ci guida da sempre: vogliamo bene ai nostri ragazzi! E il coraggio è quello di provare a rimetterci in cammino, a tornare in strada con gli adolescenti, superando la paura di trovarli dove sono e non dove pensiamo siano rimasti». Davvero grande la partecipazione dalla nostra diocesi di Como. Ne abbiamo parlato con don Pietro Bianchi, direttore della Pastorale giovanile-vocazionale.
Saranno quasi 700 gli adolescenti della diocesi di Como, a Roma, per l’incontro con papa Francesco. Ti aspettavi una risposta così entusiasta? Secondo te da dove nasce il desiderio di partecipare?
«È stata una sorpresa enorme. Non ci aspettavamo una risposta così ampia. Onestamente avevamo un’aspettativa bassa, per tanti motivi: perché comunque il Covid è ancora presente, le restrizioni si allentano ma viene richiesta prudenza, i gruppi hanno fatto e continuano a fare fatica nella programmazione, qualcuno non è ancora riuscito a incontrarsi, i giorni scelti sono a ridosso della Pasqua e la proposta è a suo modo impegnativa… eppure le iscrizioni sono arrivate. E questo ci dice una grande verità: la fascia degli adolescenti è quella più originale, è un periodo fatto di contraddizioni, di incertezze, di leggerezza… ma gli adolescenti sono così: ci sono sempre stati e, ogni volta che li abbiamo interpellati, loro hanno risposto. Sarà il primo grande incontro in epoca (post)-Covid, con il desiderio di stare insieme, con gli adolescenti da tutta Italia, in cui vivremo tre dimensioni importanti: l’incontro, la festa, la preghiera con il Papa».
Vogliamo ricordare il programma?
«Partenza al mattino del 18 aprile, arrivo a Roma, ingresso in piazza San Pietro a partire dalle 14.30 e, dalle 18.00 alle 20.00, l’incontro con papa Francesco. Il giorno successivo, 19 aprile, al mattino la Messa con il Vescovo Oscar, che sarà con noi in questo viaggio, tempo libero e poi partenza da Roma per tornare a casa… un programma molto fitto!».
Come stanno ripartendo gli Oratori della diocesi?
«Gli oratori stanno ripartendo con slancio ed entusiasmo. Dopo il tempo del distanziamento c’è il desiderio concreto di ritrovarsi, di stare in contatto. L’estate sarà un grande banco di prova per dare vita a tante iniziative che in questi mesi si sono necessariamente diradate, spente… Come Pastorale giovanile ci saremo, per alimentare il fuoco che arde nelle nostre comunità».
Come vi siete preparati per i prossimi appuntamenti diocesani? In questi giorni ci sono state le presentazioni dei Grest e poi, a maggio, il Molo14…
«Siamo andati in sette punti della diocesi per presentare la proposta del Grest: per illustrare i contenuti, dare motivazioni, per fare in modo che la prossima estate si possano aprire i cuori e i cancelli per accogliere i ragazzi e vivere un’estate di comunione di festa. Il prossimo 8 maggio, poi, dopo 7 anni, ritornerà il Molo 14, che seguirà l’impostazione classica, con la partenza da due punti della diocesi, il viaggio in battello direzione Bellagio e l’incontro con il Vescovo. Ci stiamo credendo e aspettiamo sia i 14enni, sia gli animatori che li stanno accompagnando. Siamo felici e fiducioso, pronti a salpare insieme a loro, per prendere il largo e riflettere sulla vocazione, che è la “perla” della vita».
Arriviamo da due anni di pandemia (che non si è conclusa e chiede ancora tante attenzioni), c’è la guerra in Ucraina… quale messaggio di speranza possiamo dare ai più giovani? E cosa li invitiamo a imparare da queste esperienze complicate che stiamo vivendo e che vedono vivere a tanti loro coetanei?
«È vero: abbiamo vissuto due anni difficili. La pandemia ci ha messi alla prova dal punto di vista umano, psicologico e relazionale. Ragazzi e giovani hanno sofferto più degli altri, perché la loro vita è fatta di “reti” e invece sono potuti entrare in contatto con gli altri solo attraverso la “rete” virtuale, rimanendo, quindi, di fatto, chiusi in isolamento. Ora che stavamo provando a riaffacciarci alla normalità e ci è piombata addosso la guerra con il dolore e la morte che entrano ogni giorno nelle nostre vite, sia perché raccontate dai media, sia perché tanti profughi stanno arrivando qui, nelle nostre città. Guardiamo con tanta tenerezza ai milioni di persone in fuga, rimasti senza casa, affetti, con le famiglie disperse e separate. Insieme ai giovani vogliamo camminare affinché le diverse proposte diventino percorsi per costruire, a partire dalle nostre comunità, la pace, la comunione, la fraternità, attraverso il dono dell’amicizia, che è un bene da custodire».
Ci salutiamo con un augurio?
«Sì, con un saluto e un incoraggiamento a tutti i sacerdoti, perché lo Spirito Santo, che è l’eterna giovinezza del Padre, soffi nei nostri cuori e ci aiuti a essere servizio dei giovani, in parrocchia, in oratorio, aperti dal cortile alla vita… I ragazzi ci sono e aspettano solo di essere accolti».