In questi due anni di guerra tra i territori della nostra Diocesi di Como e l’Ucraina sono nati fili di amicizia e speranza…Li abbiamo raccontati sul numero 10 del Settimanale in un approfondimento da cui è tratto questo articolo dedicato all’esperienza dei volontari del progetto “Un giusto abbraccio per Magal”. 

A due anni dall’invasione russa dell’Ucraina il progetto “Un giusto abbraccio per Magal”, nato da una sollecitazione di don Giusto della Valle e portato avanti da un gruppo di volontari, continua a sostenere la realtà di un orfanotrofio, situato in un villaggio vicino alla città di Chernivtsi, poco lontano dal confine con la Romania, dove vivono una cinquantina di bambini e di ragazzi affetti da disabilità fisiche, psichiche e neurologiche.

Questa zona dell’Ucraina, risparmiata da bombardamenti e distruzioni, mostra comunque i segni della guerra che si percepiscono per le sirene che suonano annunciando pericoli nei cieli del paese; che si leggono sui volti delle donne, rimaste sole e costrette a provvedere, ancor di più, alle necessità familiari; che si colgono sui corpi esili e gracili dei bimbi che vivono in orfanotrofio.

E sono proprio le vite di questi ultimi quelle che si incrociano e si conoscono durante le missioni a Magal e che narrano fatiche di disabilità e di abbandoni, causati dalla guerra e da una cultura che vive ancora le fragilità umane come motivo di vergogna.
Dall’inizio del conflitto, a cadenza mensile, il gruppo di volontari, composto da medici, infermieri, educatori, insegnanti e mamme, si reca a Magal per dedicare del tempo, che solitamente si quantifica in una settimana, ai bambini e ai ragazzi e per provvedere ai loro bisogni primari.

Scopo del progetto è quello di agire su più fronti per tentare, oltre che di condividere del tempo coi bambini e i ragazzi, di sostenere l’orfanotrofio mettendolo in sicurezza, fornendo medicinali e attrezzature, realizzando spazi adatti alle esigenze di chi vive nella struttura.
Quando si arriva a Magal ci si trova di fronte a un edificio circondato dal verde e immerso in un silenzio quasi surreale. Al cancello il responsabile della sicurezza annuncia l’arrivo dei volontari e, dietro l’autorizzazione del direttore, fino a qualche tempo fa una donna, attualmente un uomo, viene dato il permesso di entrare.

Si varca la soglia e, al pian terreno, si incontrano, in uno stanzone, i bambini piccoli, tutti su sedie a rotelle. Con loro c’è Marinella, l’unica femmina presente in struttura. Una bimba bellissima: capelli corti, due occhi che sorridono e una grande abilità nell’afferrare tutto con i suoi piedini.

Nella stanza a fianco ci sono alcuni ragazzi grandi: quasi tutti su una sedia a rotelle, alcuni seduti su delle panchine, con piedi o polsi legati per essere contenuti. Uno solo, André, allettato perché cieco e perennemente legato. Quando ci si avvicina a lui e lo si coccola, accompagnando le carezze con dolci melodie musicali, i suoi splendidi occhi verdi sembrano dirti “Grazie!…Se mi guardi esisto!”
Al piano superiore i bambini di media età e, in un’altra ala, i grandi: soggetti affetti da problematiche psichiche o neurologiche, capaci però di spostarsi sulle loro gambe. I due gruppi sono ammassati nei rispettivi saloni: chi si rotola per terra, chi è immobile in un angolo con lo sguardo fisso nel vuoto, chi continua a battere le mani, a dondolarsi, ad agitare semplici oggetti.

Alcuni di loro riescono a frequentare le lezioni con una maestra ucraina, Elena, che propone semplici attività con giochi strutturati, in un’auletta ben curata e sufficientemente attrezzata.
Bambini e ragazzi sono sempre molto incuriositi dalla presenza dei volontari e ormai riconoscono chi non è alla sua prima visita. Qualcuno vuole essere abbracciato, altri, invece, preferiscono rimanere inizialmente un po’ a distanza. Per tutti loro è difficile riuscire ad avere particolari attenzioni e cure dal personale, poco preparato e presente, in forze ridotte, all’interno dell’orfanotrofio.
Magal è un luogo che inizialmente mi ha provocato inquietudine, mi ha messa in difficoltà; un luogo difficile da accettare.
Ma poi sono stati gli stessi bambini che mi hanno accolta, presa per mano e mi hanno aiutata a vedere con occhi diversi quel loro mondo, per me difficile da comprendere ed accettare.

E così, come è successo nel mio ultimo viaggio, che ormai risale a luglio dello scorso anno, sono stati gli stessi bambini, che durante uno dei nostri giri nel giardino della struttura, mi hanno invitata a guardare oltre il muro dell’orfanotrofio, in alto, indicandomi il nido di una cicogna sopra un traliccio. E’ stato Nikita ad avermelo indicato. E insieme abbiamo visto la cicogna volare via in cerca di cibo per i suoi piccoli, le cui testoline spuntavano dal nido.

Grazie Nikita per ciò che mi hai mostrato. Tu forse non hai capito perché in quel momento mi sia scesa una lacrima. Ho pensato alla tua mamma che, chissà, magari avrebbe tanto voluto prendersi cura di te…ma non ci è riuscita!

ANNA MARIA BORDOLI
Volontaria