Trentaquattro scatti per raccontare le storie di 24 giovani e adulti con sindrome di Down. Fino a domenica 7 aprile è possibile visitare, con ingresso libero, al Mudec di Milano – il Museo delle Culture di via Tortona 56, spazio espositivo ricavato dal recupero dell’ex area industriale Ansaldo – la mostra fotografica “Identikit – La potenza dell’identità”. Si tratta di un progetto di 24OreCultura, Associazione Genitori e Persone con sindrome di Down (AGPD) e Mudec.

Nell’equipe di sei fotografi con alle spalle prestigiose collaborazioni internazionali, anche il comasco Maurizio Galimberti. “Gli scatti di IDENTIKIT – commenta Martina Fuga, Presidente di AGPD -hanno l’ambizione di incontrare gli sguardi di migliaia di visitatori, costringerli a fare i conti con il loro percepito e aggiornare il loro immaginario con una nuova rappresentazione della persona con disabilità intellettiva”. Restituire dunque all’altro la possibilità di esistere nella propria alterità. “In 40 anni di storia – continua Martina Fuga – l’Associazione Genitori e Persone con sindrome di Down ha affiancato dalla nascita alla vita adulta le persone con sindrome di Down e le loro famiglie affinché potessero esprimere il proprio massimo potenzialediventare autonome, libere di scegliere e di partecipare alla vita sociale.  Una storia associativa fatta di azioni concrete, di battaglie sociali e conquiste culturali, come quella che qui stiamo raccontando”.

“La complessità delle nostre esistenze è un comune sentire – ricorda a tutti il curatore del progetto fotografico Denis Curti –. Ed è proprio in questo contesto che entra in gioco la fotografia. Essa costituisce lo strumento di elezione per promuovere una rivoluzione interpersonale, non più rassegnata alle disparità rappresentative. I giovani partecipanti di IDENTIKIT conquistano così una realtà inizialmente preclusa, riuscendo a raccontare la propria vita in modo diretto e sincero. Lo scopo ultimo di questo progetto è quello di poter parlare al pubblico con la certezza che l’interlocutore capisca quello che viene raccontato senza fraintendimento. L’ambizione di questa operazione – conclude Curti – è quella di contribuire alla stesura di una rinnovata poetica dello stare al mondo, rendendoci reciprocamente liberi nell’ascolto e consapevoli nello sguardo. Viste tutte insieme queste fotografie intendono ribaltare quei sentimenti e quelle dinamiche, oggi definite politically correct, che tutti noi utilizziamo per mettere a fuoco la storia delle persone con sindrome di Down. Intendono cancellare la somma di parole sbagliate, di pregiudizi e di sguardi interrotti”.