«Una decisione dirompente, con effetti sull’immediato e, soprattutto, sul futuro». Esprime forte preoccupazione Giovanna Ambrosoli, presidente della Fondazione che, da quasi trent’anni, sostiene l’attività medica dell’Ospedale missionario fondato nel 1957 a Kalongo (nel nord Uganda), dallo zio, il beato padre Giuseppe Ambrosoli. Fino a poche settimane fa il 20% del bilancio del centro sanitario (fra entrate economiche e farmaci), per un controvalore pari a 400mila euro, era rappresentato da fondi messi a disposizione da USAid, l’Agenzia statunitense per lo sviluppo internazionale, con 5800 contratti attivi nel mondo a sostegno di azioni umanitarie. A fine gennaio il presidente Donald Trump ha deciso di congelare il 92% dei finanziamenti destinati a programmi esteri, per un totale di 60 miliardi di dollari.
La sera del 6 marzo, all’Ospedale del beato Ambrosoli, è arrivata la conferma della sospensione effettiva e immediata degli aiuti finanziari e medicali statunitensi. Questo, concretamente, si traduce «nell’interruzione dei servizi per l’HIV – sottolinea Giovanna –: i farmaci retrovirali si esauriranno nei prossimi due mesi e oltre 3mila pazienti resteranno senza trattamento». L’azione di prevenzione e cura della sieropositività «era una vera e propria assistenza territoriale, perché si riuscivano a raggiungere, nei villaggi, persone che altrimenti non avevano mezzi o possibilità per accedere alla clinica di Kalongo». Meno servizi per l’HIV significa «aumentare il numero dei pazienti o aggravare le condizioni di chi ha contratto altre malattie, come la tubercolosi o la malaria, che diventano più aggressive nei soggetti con sistema immunitario compromesso». Stop anche ai test HIV (lo scorso anno ne sono stati effettuati oltre 14mila), compresi quelli per le giovani donne in gravidanza, con le quali era possibile impostare una programma fin dalla fase prenatale. Al momento «23 membri dello staff stanno di fatto lavorando gratis e la Fondazione, che ha subito messo a disposizione un finanziamento straordinario, riuscirà a coprire al massimo i prossimi tre mesi del loro stipendio».
Quali prospettive ci sono? «Al momento – risponde Giovanna Ambrosoli – stiamo tamponando le emergenze. Abbiamo informato i nostri sostenitori. Siamo in contatto con la rete della cooperazione internazionale, ma la nostra è una voce flebile». Dietro le decisioni dei grandi, «ci sono tante storie piccole, quotidiane, che rischiano di non poter più ricevere risposte adeguate». Per info sull’ospedale di Kalongo: www.fondazioneambrosoli.it.
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