La mattina di martedì 11 settembre, a Como, con uno spiegamento di forze dell’ordine fin dalle prime ore del giorno, 70 migranti accolti presso il Centro di via Regina – gestito dalla Croce Rossa Italiana, in collaborazione con la Caritas diocesana, su mandato della Prefettura – sono stati trasferiti presso altre strutture del territorio italiano. Le mete indicate sono gli hub di Torino e Bologna, da cui dovrebbero poi essere ricollocati all’interno di centri di accoglienza straordinari in tutta Italia. Le persone trasferite sarebbero le più “vulnerabili” (come le donne in stato di gravidanza) o il cui iter amministrativo, per quanto riguarda i documenti, si troverebbe in uno stato più avanzato.

Al momento presso il Campo governativo restano ospitati circa un centinaio di richiedenti asilo. Il Centro ha una capacità più che doppia e nel 2016, nelle settimane di crisi umanitaria che portarono alla sua apertura, si sono arrivate a sfiorare le 400 presenze. Non sono ancora certi i motivi che hanno portato alla scelta del trasferimento di un numero significativo di persone accolte: da una parte sembrerebbe esserci la volontà di alleggerire la pressione sulle realtà di accoglienza del territorio e le commissioni impegnate negli iter di valutazione delle domande e del rilascio documenti. Dall’altra, in più occasioni, il parlamentare leghista Nicola Molteni, comasco, sottosegretario agli Interni, ha sottolineato il fatto che la struttura di via Regina è superata e quindi destinata alla chiusura. Una chiusura che alcuni non escludono nel corso dei prossimi mesi.

«L’intervento di martedì mattina – è il pensiero di Roberto Bernasconi, direttore della Caritas della diocesi di Como – mi ha sorpreso e mi ha lasciato senza parole. In questi anni, con stile di solidarietà, lealtà e secondo il principio di sussidiarietà, abbiamo collaborato con tutte le istituzioni del territorio, a tutti i livelli, a prescindere dalle appartenenze politiche e nel rispetto delle competenze di ciascuno, perché a orientare ogni azione ci fossero sempre le “persone” e la loro dignità, soprattutto i più bisognosi e in difficoltà. La Caritas da due anni è accanto a Croce Rossa nella gestione del Campo di via Regina e nell’assistenza delle persone accolte (per quanto riguarda gli iter burocratici, legali, ma anche per la collocazione immediata dei soggetti più fragili, come minori, donne sole, in stato di gravidanza o con figli al seguito): nessuno di Caritas Como era stato informato dei trasferimenti decisi per questa mattina, se non attraverso una fuga di notizie. Non lo riteniamo un modus operandi corretto, guardando alla rete di reciproca collaborazione costruita negli anni. Abbiamo visto, questa mattina, tante persone che, commosse, hanno caricato sui pullman i propri bagagli salutando, con affetto sincero, gli operatori del campo: significa che, pur in condizioni difficili e particolarissime, si è lavorato bene, restituendo alle persone quel senso di umanità che i tanti ostacoli affrontati avevano affievolito o cancellato. Non abbiamo ancora ricevuto risposte circa le motivazioni alla base dei trasferimenti: ci auguriamo vadano in un’ottica di integrazione, secondo il principio delle accoglienze diffuse, che non creino tensioni e favoriscano l’inserimento nel tessuto sociale comunitario. Non possiamo, poi, non esprimere perplessità e interrogativi circa il futuro del Campo: la sua chiusura non ci sembra un’emergenza per il territorio e restano aperte le domande sulle modalità di gestione delle prime accoglienze in caso di nuovi arrivi (che restano comunque possibili) o di riammissioni da parte dei Paesi europei (che comunque continuano ad esserci). Resta poi il nostro impegno a chiedere che gli iter amministrativi siano precisi e celeri (non superficiali) e che ci sia chiarezza sul futuro di tante persone che hanno completato, magari positivamente, il percorso per il riconoscimento del proprio status ma, a tutt’oggi, non ha certezze sul proprio domani, in Italia e in Europa».