Sono 28 gli operatori pastorali cattolici uccisi nel corso del 2016 nel mondo. Per l’ottavo anno consecutivo il numero più elevato si registra in America, mentre è drammaticamente cresciuto il numero delle religiose uccise, che quest’anno sono 9, più del doppio rispetto al 2015.

Secondo le informazioni raccolte dall’agenzia Fides, nel 2016 sono morti in modo violento 14 sacerdoti, 9 religiose, 1 seminarista, 4 laici.

Per quanto riguarda la ripartizione continentale:

in America sono stati uccisi 12 operatori pastorali (9 sacerdoti e 3 suore);

in Africa sono stati uccisi 8 operatori pastorali (3 sacerdoti, 2 suore, 1 seminarista, 2 laici);

in Asia sono stati uccisi 7 operatori pastorali (1 sacerdote, 4 suore, 2 laici);

in Europa è stato ucciso 1 sacerdote.

Come sta avvenendo negli ultimi anni, la maggior parte degli operatori pastorali è stata uccisa in seguito a tentativi di rapina o di furto, compiuti anche con ferocia, in contesti che denunciano il degrado morale, la povertà economica e culturale, la violenza come regola di comportamento, la mancanza di rispetto per i diritti umani e per la vita stessa.

In queste situazioni, simili a tutte le latitudini, i sacerdoti, le religiose e i laici uccisi, erano tra coloro che denunciavano a voce alta le ingiustizie, le discriminazioni, la corruzione, la povertà, nel nome del Vangelo.

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PERSONE NON NUMERI

Tra le persone uccise ci sono giovani come Elias Abiad, 22 anni, volontario di Caritas Syria, ucciso ad Aleppo dai colpi di mortaio caduti sabato 13 febbraio 2016 sul quartiere di Sulaymaniyah.

Religiose come le quattro Suore Missionarie della Carità, due ruandesi (suor Marguerite e suor Reginette), una indiana (suor Anselm) e la quarta del Kenya (suor Judith), trucidate il 4 marzo 2016 da un commando di uomini armati che ha attaccato la struttura dove assistevano anziani e disabili, nella città yemenita di Aden.

Sacerdoti come Padre Vincent Machozi,  assunzionista ucciso nella notte di domenica 20 marzo 2016 nel villaggio di Vitungwe-Isale, a 15 km da Butembo, nell’est della Repubblica Democratica del Congo. Padre Vincent aveva denunciato più volte le sofferenze della popolazione Nande causate da diversi gruppi armati dediti allo sfruttamento illegale del coltan, spesso con la connivenza dell’esercito regolare.

Per leggere il rapporto completo pubblicato dall’agenzia Fides (clicca qui)