“Cucinare al fresco”: con questo titolo viene presentato, giovedì 5 aprile, alle ore 18, presso la libreria Ubik, in piazza San Fedele, a Como, l’ultimo interessante progetto promosso dentro il carcere del Bassone di Como.

Una pubblicazione con 21 ricette studiate dai detenuti iscritti al corso/laboratorio “Parole da condividere”, coordinato dalle giornaliste Laura D’Incalci e Arianna Augustoni.

Protagonisti sono Emanuele, Nicola, Salvatore, Petrovych, Elio, Livio, Alessandro, Germano Vittorio, Gianfranco, Gianluca, Jounes e Gassparino, tanti cuochi con la voglia di “evadere dalla monotonia”. Un gruppo di ragazzi che ha deciso di mettersi in gioco in un laboratorio fatto non solo di parole, ma di idee e di genialità perché cucinare in carcere non è come farlo in una cucina da chef stellati.

Sono l’inventiva e l’ironia gli ingredienti fondamentali in “cucine” improbabili, allestite con insuperabile ingegno, posizionando fornelli da campo in spazi esigui fra la doccia e i servizi igienici. «La regola ferrea è l’igiene» concordano i detenuti, assicurando che la preparazione di piatti appetitosi è comunque possibile. «Di quello che c’è, non manca niente… Si improvvisa una ricetta anche con poco e utilizzando i cibi del carrello forniti dall’Amministrazione penitenziaria» raccontano i cuochi descrivendo le piccole sfide quotidiane per rendere gustoso un riso in bianco piuttosto che un piatto di verdura lessa. «L’ora in cui sentiamo meno la galera è mentre prepariamo da mangiare, quando decidiamo cosa cucinare. E condividiamo sapori, consigli, ricordi…»

Un mix di ricette, certo, ma, nel contempo, anche di racconti di vita, di storie e di ricordi, ma soprattutto, di tanta speranza, insomma.

Il progetto, nato poco dopo le festività natalizie, è la storia di come si trascorrono le feste lontani dalla famiglia, di come ci si organizza per alleviare le sofferenze, spadellando e condividendo pranzi e cene. «Un profumo di soffritto mi ha fatto sentire a casa… ha allontanato la tristezza». Così aveva iniziato il suo racconto un detenuto durante il laboratorio. E quel profumo, che pareva persistere a distanza di ore come una percezione incancellabile, era sembrato sentirlo nell’aria anche mentre lui riferiva di un pensiero cupo che si era fatto meno opprimente… Questo perché: «L’ora in cui sentiamo meno la galera – confidano i “cuochi” – è mentre prepariamo da mangiare, quando decidiamo cosa cucinare. E condividiamo sapori, consigli, ricordi…»

Dagli arancini “Fatti da me”, all’insalata di pesce, fino alla pasta al forno alla sancataldese, con un accenno alle cucine orientali, come il Tajine preparato da Jounes. Fino ai dolci più golosi. È una carrellata di idee e di suggerimenti da riproporre nelle tavole di tutte le famiglie, ma con una qualità in più: la solidarietà e la voglia di riscattarsi da una vita fatta di difficoltà.

«La cucina è sempre stata la nostra grande passione – commentano i detenuti -, sin dall’inizio abbiamo messo in pratica le diverse doti condividendo e insegnando ai concellini cosa preparare e dispensando qualche suggerimento».

Ora questa passione per alcuni è diventata anche un’attività stabile, lavorando in cucina e, ogni giorno, preparando i pasti caldi per gli altri detenuti.

La pubblicazione non ha un costo di copertina, ma è a offerta libera. L’intero ricavato sarà investito per realizzare nuovi lavori.