Questa mattina, giovedì 8 novembre, alle 6.30 Serafino Cavalleri ha compiuto il suo ultimo viaggio. Quello più importante. Tra i verdi pascoli del cielo. Ora lo immaginiamo passeggiare fianco a fianco di quel padre Giuseppe Ambrosoli di cui il “falegname di Kalongo” conservava una memoria limpida ed un affetto sincero. 84 anni, compiti l’altro ieri (era nato a Como il 6 novembre 1934) Serafino aveva lasciato un pezzo del suo cuore proprio in quella Kalongo che le sue esperte mani di falegname avevano aiutato a crescere in oltre 50 viaggi. L’ultimo nel 2014, per la prima volta accompagnato dalla moglie Ester.
«Dopo trent’anni d’Africa – raccontava Serafino al Settimanale nel far memoria di quell’ultima volta – mi sembrava importante manifestarle in questo mondo un atto di riconoscenza per quanto da lei compiuto in questi anni. I numerosi viaggi che ho compiuto sono infatti stati possibili proprio perché lei ha saputo farsi carico della famiglia durante le mie assenze. Non mi ha mai chiesto di non partire, abbiamo sempre condiviso insieme questa scelta. Mi è sembrato giusto ringraziarla dandole la possibilità di vedere e di toccare con mano quello che le ho descritto attraverso trent’anni di racconti. Ed è stata lei stessa a trovare conferma che in queste mie cronache non c’era nulla di romanzato…». Sollecitato da noi se quello fosse un definitivo addio alla “sua” Kalongo «ormai sono vecchio – ci aveva risposto, aggiungendo… però… se ci fosse bisogno ripartirei domani…»
È quasi casuale l’incontro di Serafino con l’Africa. Lo ripercorriamo da uno dei suoi tanti racconti fatti al Settimanale negli anni scorsi.
«Da ragazzino era forte in me il desiderio di diventare Comboniano. Per ragioni di famiglia, ero il maggiore di tre sorelle e mio papà dal 1940 era già invalido, dovetti terminare gli studi e incominciare immediatamente a lavorare. Questa mia aspirazione rimase adagiata in un cantuccio del mio cuore per gli anni a seguire. Un giorno trovandomi a Roma con un mio carissimo amico, prossimo a partire per lo Zaire, gli espressi il desiderio di compiere qualche viaggio in terra d’Africa. Da lì ad un paio di mesi l’amico mi richiamò informandomi della richiesta di un falegname in Uganda per qualche mese. Ne parlai con mia moglie che appoggiò senza riserve il mio desiderio di partire». Era il 1984, il primo viaggio di Serafino in terra d’Africa, in Uganda, presso l’ospedale di Gulu. «Lì lavorai per l’ospedale un paio di mesi, in un’officina di piccolissime dimensioni. Durante quella permanenza ebbi l’occasione di recarmi a Kalongo (350 km circa più a nord) per accompagnare un amico che aveva bisogno di cure dentarie, qui incontrai padre Ambrosoli. In quell’occasione incominciammo a mettere in pista dei progetti per l’ospedale di Kalongo…» Un incontro che cambia la vita di Serafino. Nel 1986 padre Giuseppe torna in Italia, per un breve periodo, per ragioni di salute. «Durante la sua permanenza in Italia – ricordava Serafino – ci incontrammo più volte. Venne anche a cena a casa mia. Lo ricordo alla guida di una macchina completamente carica di medicinali in cui era rimasto soltanto lo spazio per la guida. In quell’occasione mi disse Serafino posso portare la macchina dentro il tuo cortile e chiudere il cancello? Perché se mi rubano la macchina mi rubano anche l’ospedale».
Sul finire del 1986 Serafino riparte per l’Uganda, presso l’ospedale di Gulu. Da qualche mese padre Giuseppe era isolato a Kalongo e le popolazioni in fermento non lasciavano presagire nulla di buono.
«Era il 14 febbraio 1987 – il ricordo di Serafino -. La sera, in lingua inglese, si sente dire alla radio che Kalongo è in fiamme è l’ospedale è stato evacuato e tutti medici e ammalati sono giunti a Lira. Il giorno dopo, affacciandomi alla finestra, mi si presenta uno spettacolo impressionante: centinaia di persone in fuga all’orizzonte, colpi di fucile… Ricordo di avere trascorso mezza giornata sotto il tavolo. Avuta la notizia della presenza di padre Ambrosoli a Kampala decido di raggiungerlo». È il 4 marzo quando Serafino ritrova a Kampala un padre Giuseppe Ambrosoli stanco e amareggiato, ma ancora con una grande voglia di donarsi: «In ogni caso non possiamo fermarci, mi disse padre Ambrosoli – continuava di Serafino -. Fu un atto di fede importante che mi colpì. E fu in quell’occasione che gli promisi, nel momento in cui avesse riaperto l’ospedale, di essere presente a dare il mio contributo, anche con una gamba sola».
Padre Ambrosoli morirà nel 1987. «La sua morte mi colpì profondamente – ci confidò Serafino -. Piansi a lungo, ma le mie preghiere non si arrestarono. Un giorno, di ritorno da un viaggio a Lourdes con l’Unitalsi mi recai a far visita ai missionari comboniani di Rebbio. Ricordo che vi trovai un padre che camminava avanti indietro. Scambiando due chiacchiere scoprì che anche lui era da poco tornato da Lourdes, con degli amici della Valtellina e che si stava preparando per recarsi in Uganda per riaprire l’ospedale di Kalongo…» Un nuovo tuffo al cuore. «Ma lei chi è? Gli domandai. Sono padre Egidio Tocalli mi rispose lui. Se ha bisogno di me posso partire subito lo incalzai io. Ed ecco che da lì a pochi mesi una nuova chiamata arrivò dall’Uganda…»
Per il suo impegno missionario Serafino nel 1999 verrà anche anche insignito dell’Abbondino d’Oro.
Ora il “falegname di Kalongo” sarà di certo già all’opera con un altro falegname… per edificare da Lassù una chiesa sempre più aperta, accogliente, missionaria.
Il funerale sarà celebrato presso la parrocchia di Prestino sabato 10 novembre alle ore 10.