«La mattina del 27 marzo, un venerdì, come il giorno della morte di Cristo, (padre Giuseppe) riceve l’ultima benedizione da vivo: intorno a lui sono radunate le suore e i fratelli missionari che pregano con lui, lucido fino alla fine. Mentre chiude gli occhi al mondo, a soli 63 anni, si sente il rumore dell’elicottero che avrebbe potuto salvarlo». Così viene descritto il momento della nascita al Cielo di padre Ambrosoli, avvenuta nel 1987, esattamente 35 anni fa, nel libro che ne racconta la biografia, quel “Chiamatemi Giuseppe” scritto dalla giornalista Elisabetta Soglio con la nipote del medico chirurgo e missionario comboniano, Giovanna Ambrosoli. Il venerabile Servo di Dio sarà beatificato in Uganda, nella “sua” Kalongo, il prossimo 20 novembre 2022. Oggi, sabato 26 marzo, alle 17.00, a Ronago, alla vigilia del giorno anniversario della morte di padre Ambrosoli, il vescovo monsignor Oscar Cantoni presiederà la Santa Messa. Domani, 27 marzo, alle ore 15.00, la comunità pastorale di Uggiate-Ronago ricorderà padre Giuseppe nella Via Crucis che avrà inizio e si concluderà alla chiesa di Ronago.

Medico chirurgo e missionario comboniano, padre Giuseppe fondò a Kalongo, nel Nord dell’Uganda, fra il 1957 e il 1959, l’Ospedale che porta il suo nome e la Scuola di Ostetricia “St. Mary Midwifery School”. Papa Francesco, nel novembre 2019, riconobbe il miracolo necessario ad autorizzare il decreto per la sua beatificazione. Un evento prodigioso strettamente connesso alla storia e alla persona di padre Ambrosoli. Il 25 ottobre 2008 una giovane donna ugandese, Lucia Lomokol, 20 anni appena, stava per morire di setticemia dopo aver perso il figlio che portava in grembo. Non essendoci più nulla da fare, il medico di turno, il dr. Eric Dominik, mise sotto il cuscino di Lucia l’immagine di padre Giuseppe, invitando i familiari della donna a invocare il “grande dottore”. La giovane guarì in modo riconosciuto «scientificamente inspiegabile». «La calendarizzazione del rito è stata rimandata già due volte a causa della pandemia – dice il Vescovo Cantoni –. Ora siamo lieti di guardare a questo nostro fratello, vero santo della porta accanto, diventare beato… È un dono per la Diocesi, per la Chiesa, per la famiglia comboniana, per il mondo intero». Una frase ha caratterizzato l’intera vita di padre Ambrosoli: «Dio è amore e io sono il suo servo per la gente che soffre».

Nei giorni scorsi si è riunito per la prima volta il “Comitato per la beatificazione di padre Giuseppe Ambrosoli”, un gruppo di lavoro, coordinato dal parroco di Uggiate-Ronago don Sandro Vanoli, che è espressione delle molteplici realtà pastorali, sociali e umanitarie inerenti la testimonianza di vita e di vangelo di padre Giuseppe (missioni, salute, carità, formazione, giovani, famiglia, aiuto alla vita nascente…) e, naturalmente, legate alla diocesi di Como, alla nativa Ronago (che oggi è comunità pastorale con Uggiate), alla congregazione comboniana, all’eredità concreta del“Dr. Ambrosoli Memorial Hospital” di Kalongo raccolta dalla Fondazione Ambrosoli e all’ambiente medico. Mancano diversi mesi alla beatificazione e molte sono le variabili da tenere in considerazione, dall’evoluzione della pandemia da Covid agli aspetti logistici in Uganda, ma sono già diversi i punti fermi sui quali ci si sta orientando per valorizzare la figura di padre Ambrosoli e fare in modo che la sua beatificazione diventi «patrimonio di tutti», come auspicato dal Vescovo Cantoni. Il rito solenne si svolgerà, come detto, in Uganda il 20 novembre prossimo. In Italia saranno le prime ore del mattino. Per rendere grazie del dono della beatificazione e fare in modo che il maggior numero possibile di fedeli possa vivere la gioia di questo dono, saranno celebrate due Sante Messe: sabato 3 dicembre, alle ore 17.00, nella chiesa di Ronago e domenica 4 dicembre, sempre alle ore 17.00, in Cattedrale a Como.

Per far conoscere la figura di padre Giuseppe è prevista l’ormai prossima pubblicazione di un testo che oltre a riportarne un’ampia biografia, proporrà una selezione di suoi scritti e pensieri spirituali. Il libro si completa con una riflessione del Vescovo Cantoni. «La beatificazione di padre Ambrosoli dovrebbe beatificare tutti noi», sorride padre Venanzio Milani, collaboratore del postulatore padre Arnaldo Baritussio. «Padre Giuseppe – racconta padre Egidio Tocalli, che di Ambrosoli fu il successore – è morto dando la vita per l’ospedale e per la gente di Kalongo. La guerra civile, l’evacuazione forzata e la convinzione che le milizie, che lo costrinsero allo sgombero, avessero distrutto tutto minarono definitivamente la sua salute già fragile. Invece la gente aveva protetto l’ospedale e, ancora oggi, è il punto di riferimento per centinaia di migliaia di persone».

La nipote Giovanna, presidente della Fondazione “Dr. Ambrosoli Memorial Hospital”, ci ricorda quanto sia importante continuare a sostenere l’ospedale di Kalongo e la sua scuola di ostetricia e che, proprio in vista della beatificazione, saranno una mostra e due video-documentari ad aiutare ad approfondire l’opera e l’eredità di padre Giuseppe, insieme al contesto sanitario che porta il suo nome. «Era un uomo umile e infaticabile – confida don Antonio Fraquelli, che ha conosciuto padre Ambrosoli negli anni in cui fu parroco a Ronago –. La sua era una fede autentica, alimentata fin da giovanissimo dalle esperienze in Azione cattolica, nel cenacolo spirituale e nell’oratorio di San Filippo. Quando i problemi di salute si fecero più seri ricordo che mi disse che il suo posto era comunque in Africa e che donava la sua sofferenza per il bene degli africani».