Dove non arriva il male dei pochi, arriva l’indifferenza dei molti o, peggio ancora, l’omertà di un’intera comunità. E’ per questo che di fronte alle mafie nessuno può dire: “Non è affar mio”. A noi spetta scegliere da che parte stare e non importa quanti anni abbiamo. Di fronte all’illegalità la nostra scelta per il bene deve essere decisa, fin da bambini, non ci possono essere zone grigie, perché è proprio lì che la mafia prolifera.

E’ questo, in estrema sintesi, il messaggio che suor Carolina Iavazzo, per tre anni collaboratrice del beato don Pino Puglisi a Palermo, ha voluto lasciare ai ragazzi della scuola secondarie di primo grado di Lora e Lipomo durante l’incontro – organizzato da Libera, Coordinamento Comasco per la Pace e Associazioni Genitori Presenti di Lora e Lipomo –  il 21 marzo scorso in occasione della Giornata della memoria e dell’impegno in ricordo delle vittime innocenti delle mafie.

Suor Carolina della Fraternità Buon Samaritano era considerata da tutti il braccio destro del sacerdote palermitano, parroco nel quartiere popolare di Brancaccio, ucciso dalla mafia il 15 settembre 1993 e beatificato da Papa Francesco il 25 maggio 2013.  Ora vive e lavora presso il centro “don Puglisi” di Bovalino, in provincia di Reggio Calabria, nella Locride, dove continua il suo impegno di educatrice nei confronti dei più giovani.

A margine dell’incontro abbiamo rivolto a suor Carolina alcune domande.

Qual è per lei il senso di incontri come questo?

“Per me è importante perché sono semi di speranza che noi riusciamo a mettere nei cuori delle nuove generazioni. Qui, come altrove, i ragazzi sono molto sensibili, sanno captare il bene che noi adulti vogliamo suggerire loro. Per questo è importante gettare semi di speranza  perché possa nascere una nuova primavera”.

E’ diverso parlare di legalità a Como, rispetto a Palermo o Reggio Calabria? 

“Per me non c’è tanta differenza perché – e lo dico con rammarico – la mafia è ormai dappertutto. Perché Cosa Nostra è diventa anche Cosa Vostra (con riferimento al nord ndr).  Forse qua a Como e il Lombardia è più pulita, è una mafia dal colletto bianco ma la tentazione e il fascino della vita facile, della scorciatoia, c’è in tutti e poco importa se ci si trovi a Como, Locri, Napoli o Milano”.

Sono passati 25 anni dalla morte di don Pino Puglisi. Cosa è rimasto della sua testimonianza?

“E’ rimasto tantissimo a partire dal quartiere di Brancaccio che è davvero cambiato dalla sua morte. In questi anni si sono ottenuti quei servizi per cui aveva combattuto ed era stato ucciso. Per il mondo intero credo sia un faro che illumina le coscienze e il fatto che siamo qua a parlare di lui con questi ragazzi lo dimostra”.

Sul prossimo numero del Settimanale due pagine di approfondimento sul tema della legalità e della lotta alle mafie con un reportage da Scampia.