Dietro quella porta chiusa decine, centinaia, migliaia di potenziali bombe inesplose. Quel #iorestoacasa, unica difesa ad oggi sicura alla diffusione del virus, per molte donne vittima di violenza domestica è un cappio soffocante, che diventa più stretto ogni giorno che passa. Per questo è oggi più che mai alta l’attenzione da parte di chi si spende, quotidianamente, per sradicare questa piaga subdola che non fa distinzione di classe. Il messaggio è uno solo, forte e chiaro «Ci siamo ancora. Non smettere di chiedere aiuto». La Rete antiviolenza del Comune di Como, infatti, anche in questo momento di emergenza, è attiva. Così come rimangono operativi i servizi di supporto e ascolto telefonico del Cento Antiviolenza -Associazione Telefono Donna di Como. I numeri da contattare per le donne in difficoltà sono 800.166.656 gratuito da telefono fisso e cellulare, e 031-304585, il lunedì dalle 10 alle 16, il martedì e giovedì dalle 9 alle 14 e il mercoledì e il venerdì dalle 13 alle 18. È in ogni caso attiva una segreteria telefonica in funzione 24 ore su 24.

Per capire come sia mutato il servizio di supporto a favore delle donne maltrattate in questo periodo Il Settimanale ha contattato due operatrici di Telefono Donna Margerita Galimberti e Nora Tolomei. Per conoscere Telefono Donna clicca qui.

«La difficoltà maggiore che incontriamo in questo periodo consiste nel non riuscire a capire con chiarezza, attraverso una telefonata che può anche durare molto tempo, cosa stia davvero accadendo dentro quella famiglia. Al telefono le donne sono inevitabilmente più sfuggenti, evasive. Nella relazione che, in situazioni normali, costruiamo con loro le parole fanno molto, ma tanto valgono anche gli sguardi, le espressioni, per aiutarci a comprendere quale sia l’effettivo indice di rischio che stanno correndo. Ora tutto questo è molto più difficile. Le telefonate possono essere mitigate dalla presenza dei figli, o del compagno nell’altra stanza. E ovviamente, attraverso il telefono, le donne non possono raccontarci tutto ciò che vorrebbero. Dentro questo quadro è difficile per noi dare dei validi consigli, consapevoli che tutto attorno a loro appare fermo e bloccato. A queste donne sono infatti preclusi quei rapporti di vicinanza, anche con le famiglie d’origine, che possono, in condizioni normali, restituire leggerezza e allentare possibili tensioni. In genere in una situazione di violenza il maltrattante tende ad isolare la compagna. In circostanze come questa il marito o compagno si vede rafforzato in questo potere: l’isolamento non è più qualcosa che il maltrattante sceglie di mettere in atto, ma è imposto dall’alto. Questo impedisce ogni forma di contatto della donna con l’esterno, anche con i familiari più stretti».

Quali strumenti sono stati messi in atto, in questo periodo, per superare agevolare la comunicazione con l’esterno da parte delle donne?

«Sono stati predisposti alcuni strumenti studiati – continua Nora – per facilitare la comunicazione anche in situazioni di emergenza come l’attuale. Il 1522 è un numero nazionale che collega tutti i centri antiviolenza d’Italia. Risponde un centro antiviolenza di Roma. Prima del Covid era un semplice contatto telefonico: una donna che aveva necessità digitava le quattro cifre del numero e l’operatrice, dopo aver raccolto la richiesta di aiuto, forniva il contatto del centro antiviolenza più vicino. Vista, come detto, la difficoltà attuale nel telefonare, al 1522 è stata abbinata una app che consente alla donna, nel momento in cui non è nelle condizioni di parlare liberamente, di chattare con un’operatrice. Si tratta di un’applicazione funzionante 24 ore su 24. La seconda applicazione attivata è “Where ARE U?” Creata dall’Azienda regionale emergenza urgenza (AREU) della Lombardia, che permette di telefonare al 112 e di inviare la propria posizione, aggiungendo la possibilità di inoltrare chiamate mute: con appositi pulsanti è possibile segnalare il tipo di soccorso richiesto. Queste sono le due applicazioni che stiamo consigliando di scaricare».

Che messaggio vi sentite di dare alle donne che oggi vivono il disagio e la paura verso il futuro?

«Noi ci siamo! Provate a contattarci. Il nostro lavoro è cambiato ma continua. Nei nostri orari di apertura continuiamo a rispondere al telefono, e tante volte anche solo parlare con qualcuno è importante. Anche le nostre avvocate sono disponibili e continuano a fornire consulenze legali attraverso i mezzi che la tecnologia mette a disposizione, così come le nostre psicologhe. Non perdete la fiducia. Ci siamo così com’è attiva la rete che lega i diversi attori impegnati contro la violenza: dagli ospedali, agli uffici di piano, alle forze dell’ordine, alle Caritas diocesana e ambrosiana. Anche a distanza si fa il possibile per mantenere la rete funzionante per rispondere al meglio ad ogni richiesta di aiuto, perché nessuna donna deve sentirsi sola».

Trovate il servizio completo sul numero 15 del Settimanale.