L’Eucaristia che celebriamo e riceviamo non è un tesoro geloso da custodire per noi stessi, in uno spiritualismo sterile, ma la condizione per agire efficacemente dentro il corpo ecclesiale vivendo come Gesù, con la sua stessa passione missionaria, che potremmo sinteticamente riassumere cosi: “una vita per…”
Parole pronunciate dal vescovo Oscar Cantoni che questa mattina – Solennità dell’Ascensione e 54° Giornata Mondiale delle Comunicazioni Sociali – ha presieduto la Santa Messa nella chiesa intitolata a Santa Maria Regina a Como-Muggiò (comunità pastorale di Albate-Muggiò).
E’ la prima volta che il vescovo Oscar torna a celebrare la S. Messa domenicale “in presenza di popolo” dall’inizio del lookdown e questo, ha detto, è per lui “motivo di grande gioia”.
“La celebrazione eucaristica domenicale – ha proseguito il vescovo – incomincia in alcune comunità, sia pure a numero chiuso: si tratta di una ripresa graduale. Non tutte le parrocchie sono già in grado di celebrare l’Eucaristia, soprattutto là dove il pericolo di contagio è più marcato che in altri ambienti: una scelta prudenziale per non compromettere la vita delle persone. È consolante, tuttavia, sentirci spiritualmente tutti uniti, grazie ai moderni mezzi di comunicazione, che in questi mesi ci hanno permesso di sentirci meno soli e tanto meno abbandonati a noi stessi”.
Un richiamo al ruolo delle comunicazioni sociali di cui oggi si celebra la giornata mondiale. A questo link è possibile leggere il messaggio di Papa Francesco dal titolo ““Perché tu possa raccontare e fissare nella memoria” (Es 10,2).
La vita si fa storia”.
Pubblichiamo l’omelia della S. Messa pronunciata oggi dal Vescovo
Amati fratelli e amate sorelle, è motivo di grande gioia il poterci ritrovare insieme, sia pure con le debite distanze, sentirci in comunione con tante famiglie che ci stanno seguendo mediante la TV e via streaming e condividono il nostro rendimento di grazie. La celebrazione eucaristica domenicale incomincia in alcune comunità, sia pure a numero chiuso: si tratta di una ripresa graduale. Non tutte le parrocchie sono già in grado di celebrare l’Eucaristia, soprattutto là dove il pericolo di contagio è più marcato che in altri ambienti: una scelta prudenziale per non compromettere la vita delle persone.
È consolante, tuttavia, sentirci spiritualmente tutti uniti, grazie ai moderni mezzi di comunicazione, che in questi mesi ci hanno permesso di sentirci meno soli e tanto meno abbandonati a noi stessi.
Una stessa linfa, la Parola di Dio, ha alimentato la nostra fede, creando una unità tra di noi, che deve continuare anche in seguito.
Siamo persone, creati a immagine di Dio Trinità, vale a dire esseri in relazione profonda gli uni con gli altri, gli uni per gli altri. La fede si sviluppa all’interno di una dimensione comunitaria ed ecco allora il grande bisogno di condividere con i fratelli e le sorelle la Parola viva di vita, il Corpo e il Sangue di Cristo per tutti sparso e a tutti noi donato.
Ed è bello che scopriamo, proprio perché ci sentiamo un unico corpo, la bellezza delle relazioni tra noi nelle nostre comunità parrocchiali, comunità aperte, umili, cariche di speranza, che contagiano passione e fiducia e non ci accontentiamo di sentirci “cristiani devoti” in modo individualistico e astratto.
Nella liturgia di oggi celebriamo la festa dell’ascensione del Signore Al cielo. Non nel senso che Gesù risorto sale al cielo dimenticandosi dei suoi Apostoli, quasi chiudendo una parentesi per il tempo vissuto tra noi.
Avendo ricevuto dal Padre ogni potere, in cielo e sulla terra, Gesù Cristo, crocifisso e risorto, diventa il cuore del mondo, riveste di sé ogni realtà e ogni creatura per trasfigurarla.
Tutto è avvolto dal suo amore, ogni creatura si sviluppa secondo il suo progetto, che è quello che ha iniziato con la sua presenza tra noi, quindi secondo il suo stesso stile evangelico. Esso comporta sempre fiducia e confidenza in Dio nostro padre e insieme si realizza mediante una “immersione” nella vita reale delle persone, sempre però attraverso mezzi poveri, quindi nell’umiltà, nella debolezza, nell’ amore perseverante fino al dono totale di noi stessi. Il regno di Dio avanza senza ostentazione, accettando anche le persecuzioni e ogni genere di prove, perfino il perdono delle offese.
Gesù risorto, signore del tempo e della storia, chiama i suoi discepoli a condividere il suo stesso disegno perché l’umanità Intera, finanche la creazione, diventi un dono d’amore per la gloria di Dio padre.
Per questo il Signore Gesù non ci lascia mai soli. Egli intercede per noi presso il Padre, è presente con la sua umanità glorificata presso Dio, ma insieme è sempre con noi, ci dona il suo Spirito perché noi siamo in grado di vivere missionariamente la nostra vita. Ossia capaci di concepire la nostra vita come una missione d’amore a servizio dei fratelli, creando le condizioni perché il Regno di Dio si edifichi dentro la storia degli uomini. Sappiamo che il Regno di Dio è la pienezza dell’amore, della giustizia e della pace.
“”A me è stato dato ogni potere in cielo e sulla terra. Andate dunque e fate discepoli tutti i popoli. Ecco, io sono con voi tutti giorni, fino alla fine del mondo“ abbiamo sentito nel vangelo di oggi.
Da parte di Gesù si tratta di un grande gesto di fiducia nei nostri confronti, perché egli ci invia a condividere la sua stessa missione. Tuttavia per Gesù è anche un grande rischio, conoscendo la nostra incostanza nel fare il bene, la debolezza della nostra fede. Non deludiamo la fiducia che il Signore ripone in ciascuno di noi!
Da parte sua, Gesù risorto ci dona lo Spirito santo per lottare contro ogni forma di male, che rallenta la crescita del Regno di Dio, ma anche ci sostiene nell’impegno generoso per la costruzione della civiltà dell’amore e della giustizia, ciascuno secondo i doni ricevuti. Tutto è affidato alla nostra libertà, alla nostra capacità di rispondere responsabilmente e con amore al grande disegno di Dio.
L’Eucaristia che celebriamo e riceviamo non è un tesoro geloso da custodire per noi stessi, in uno spiritualismo sterile, ma la condizione per agire efficacemente dentro il corpo ecclesiale vivendo come Gesù, con la sua stessa passione missionaria, che potremmo sinteticamente riassumere cosi: “una vita per…”