Una finestra aperta su un pezzo di storia importante del territorio comasco. Da domenica 25 aprile, anniversario della Liberazione, l’Istituto di Storia Contemporanea “P. A. Perretta” di via Brambilla, a Como, renderà fruibile al pubblico il “Database del partigianato comasco”, che sarà accessibile collegandosi qui al sito dell’Istituto. Frutto di una ricerca durata due anni, che ha coinvolto studenti e ricercatori, vi sono raccolte le schede di 4630 partigiani che hanno combattuto il nazifascismo in Provincia di Como negli anni 1943-1945. Non solo i più noti – dal capitano Neri (il partigiano Luca Canali) a Michele Moretti (protagonista della cattura e della fucilazione del Duce, ma anche molti sconosciuti. Materiale prezioso e unico nel suo genere, basato sulle schede compilate dall’Allied Military Government (il Governo militare alleato) appena terminata la guerra. Perché gli americani si siano presi la briga di imbarcarsi in questa indagine non è dato sapere. Resta il fatto che appena terminata la guerra, a cavallo tra la fine della primavera e l’inizio dell’estate del ‘45, i militari alleati si adoperarono per censire quanti avevano svolto un ruolo nella Resistenza. Alcuni partigiani si prestarono, altri no. Per questo il database non fotografa, in maniera esaustiva, il movimento resistenziale comasco, e molti nomi mancano all’appello. Ogni scheda, però, aggiunge un tassello di conoscenza in più a quel periodo così complesso, doloroso e, per certi versi, straordinario, della nostra storia.

«La storia siamo noi – racconta a “Il Settimanale” Lauretta Minoretti, ricercatrice dell’Istituto che ha contribuito alla realizzazione del database -, ne siamo parte e la costruiamo, giorno per giorno. Per questo dobbiamo conoscerla a fondo. La documentazione messa a disposizione attraverso la catalogazione delle schede è un punto di partenza prezioso che permetterà a ricercatori, studiosi, studenti di avviare qualsiasi tipo di indagine su quel periodo. Nel pieno della pandemia ci è sembrato il modo migliore per celebrare la Festa della Liberazione: non un semplice ritrovarsi, posando una corona d’alloro nei luoghi purtroppo teatro dei tanti eccidi, quanto piuttosto contribuire, in modo fattivo, a mantenere viva la memoria del nostro passato».

Che informazioni contengono le schede?

«Nome, cognome, genitori, professione, titolo di studio, azioni compiute – spiega Patrizia Di Giuseppe, direttrice dell’Istituto -. Qualcuna è corredata anche da una fotografia. Alcune sono molto dettagliate, altre meno».

La scheda del partigiano Michele Moretti, conservata presso l’Istituto Comasco di storia contemporanea

La scheda del partigiano Luigi Moretti, conservata presso l’Istituto Comasco di storia contemporanea

Che immagine possiamo trarre del movimento resistenziale comasco da questa documentazione?

«Senza dubbio il materiale aggiunge elementi interessanti alle informazioni di cui già disponiamo – spiegano la direttrice e la ricercatrice -, in primo luogo perché ci fornisce una visione complessiva del fenomeno, anche se parziale e tutta da vagliare. Qualche curiosità? Ad esempio, una consistente presenza di partigiani meridionali. E anche un discreto numero di donne (nelle schede archiviate ve ne sono 168), anche se il contributo femminile all’azione partigiana andrebbe approfondito, perché sottostimato. Molte donne, infatti, non si presentarono al censimento americano semplicemente perché non avevano preso parte ad azioni sul campo, eppure il ruolo da loro giocato nel nascondere, nutrire, vestire molti partigiani le fa annoverare, a tutti gli effetti, come parte attiva del movimento. Altra curiosità, non sono pochi coloro che si dichiarano partigiani enunciando azioni compiute tra il 24 e il 25 aprile, fenomeno che può essere letto come un modo per nascondere un passato un po’ oscuro e il conseguente tentativo di riabilitarsi. Ulteriore elemento di interesse è dato dalla presenza, tra i militanti partigiani, di ogni tipo di occupazione: dal contadino, all’operaio, all’autista, all’impiegato postale. Tutti, in qualche modo parteciparono alla Resistenza, così come ogni paese ne fu rappresentato: anche tra i comuni più sperduti dei monti dell’Alto Lario».

Leggete il servizio completo su “Il Settimanale” di questa settimana.