Che cosa ne sarà della casa della Giovane “Irma Meda” di Ponte Chiasso? Nell’incertezza che, in queste ore, aleggia sulla struttura, almeno un fatto è sicuro. Non sarà più la stessa. Dopo oltre 60 anni di storia (correva l’anno 1957) la Casa di via Luigi Catenazzi infatti cambierà veste.

Per cercare di comprendere che cosa stia accadendo, e tentare di guardare al futuro il Settimanale si è rivolto alla presidente della Casa della Giovane di Ponte Chiasso Melina Falsone.

Presidente Falsone, solo un anno fa, dalle colonne di questo giornale, raccontavamo di una Casa che guardava al futuro, con fiducia e speranza… Che cosa è successo?

«Dall’Amministrazione comunale proprietaria dello stabile in cui ci troviamo, ci è stata manifestata l’intenzione di trasformare la casa in spazi di housing sociale».

Che cosa significa, concretamente?

«Significa un cambiamento radicale rispetto alla tipologia del servizio reso fino ad oggi.  La nostra si configura infatti come una vera e propria casa, le cui finalità sono quelle di garantire un ambiente sereno ed accogliente a ragazze che si trovano lontane dalla famiglia per motivi di lavoro o di studio, e a giovani donne che provengono da situazioni di disagio familiare e sociale, anche con minori a carico. Una comunità, insomma, che ospita lavoratrici e ragazze portatrici di disagio, favorendo uno scambio continuo di esperienze tra le ospiti. Scambio mediato dalla presenza di educatrici professioniste. E a questa mission sono funzionali anche gli spazi, studiati dentro una logica di condivisione. Ecco perché, ad eccezione delle 26 camere spaziose, singole e doppie, tutte con bagno, disposte su due piani, tutto, dalla cucina, agli spazi per mangiare, alla lavanderia, è in comune. Ben diversa è la logica dell’housing, in cui ogni famiglia dovrebbe avere uno spazio di totale autonomia, che qui non c’è».

E che cosa ne sarà della “Casa della Giovane Irma Meda”?

«Ciò che resta imprescindibile per noi è che dovrà rimanere uno spazio di accoglienza. Sulla base di questo requisito il nuovo Consiglio della Casa della Giovane, che presto dovrà rinnovarsi, essendo noi in prorogatio, valuterà se aderire. Sempre, poi, che il Comune decida di affidare la nuova gestione nuovamente a noi».

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Dura la posizione di Simona Saladini, presidente nazionale di Acjsif, l’Associazione cattolica internazionale a servizio della giovane, ad oggi attiva nel nostro Paese con 18 comitati e 15 strutture di accoglienza, tra cui le comasche di Ponte Chiasso e via Borgovico. «Ci troviamo dentro una situazione paradossale, che rivela tutte le fragilità dell’amministrazione pubblica, ma anche la necessità che ad occupare certi ruoli ci siano persone che abbiano la forza di prendere delle decisioni e sostenerle, mentre io ho visto assessori tentennare sull’imposizione del Segretario generale».

Ci spieghi meglio…

«Dalla scadenza del contratto di comodato, nel 2018, sono state diverse le occasioni di confronto con l’Amministrazione cittadina ed alcuni dirigenti di settore per cercare una soluzione che permettesse di dare continuità al progetto. Lo stesso primo cittadino ha mostrato volontà e interesse a riconoscere il valore di Acjsif e dell’attività che da sempre viene svolta a Ponte Chiasso. Detto questo, che cosa è accaduto? Alla più ragionevole opzione di un semplice rinnovo del comodato, ha fatto da argine il fermo no del Segretario generale di Palazzo Cernezzi (Giuseppe Locandro, in forza da gennaio 2019, ndr), il quale sostiene che, per l’affidamento della struttura, si debba ricorre ad un bando. E questo ha frenato gli amministratori e bloccato i dirigenti, visto che alla fine sono loro a firmare i documenti. Eppure, come ho ribadito allo stesso sindaco, la necessità di andare in bando non c’è. Mi meraviglio del no del Segretario generale, visto che arriva da Vigevano e che lo stesso Comune su questo tema si è mosso diversamente. Che cosa dovrebbe fare il Comune? Predisporre un regolamento in base al quale censire il proprio patrimonio immobiliare disponibile, distinguendo gli immobili da cui l’amministrazione deve auspicabilmente ottenere un beneficio economico, e quelli invece caratterizzati da una finalità sociale. In questo secondo caso una volta appurato che l’ente che gestisce l’immobile risponde ad alcuni requisiti non è necessario ricorrere al bando, ma si può procedere con comodato, anche gratuito. Tema su cui esiste ampia giurisprudenza. L’interesse di una comunità non si raggiunge solo con il mero conteggio economico, ma può nascere da un insieme di fattori documentabili che attestano quanto questo servizio sia superiore all’equivalente in “soldoni”…»

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