Gli ultimi dati ufficiale della Regione Lombardia indicano un drastico calo dei negozi di vicinato, gli esercizi che offrono prodotti alimentari ma non solo quelli e che sono presenti nei quartieri e nelle vie di città e paesi. Il dato allarmante, per quanto riguarda la provincia di Como, riguarda la totale assenza di queste attività in venti Comuni. Se si tiene conto del fatto che nel Comasco ne esistono in tutto 148, la tabula rasa colpisce ben più del dieci per cento delle località censite. E si tratta di comunità per lo più di montagna, disagiate e a rischio di svuotamento.

Le cause di questo fenomeno sono più d’una. Vediamole, rapidamente. Un primo fattore è la forte presenza di supermercati e discount sul territorio. Questi insediamenti commerciali rappresentano certamente una comodità per chi, come la maggior parte dei cittadini, ha poco tempo a disposizione e arriva in auto in orari flessibili nei parcheggi dedicati davanti al luogo di vendita e lì trova tutto. Sono elementi che vanno a scapito dei piccoli negozi. Lungi dal demonizzare l’esercizio di dimensione maggiore, dobbiamo però chiederci quanto perdiamo in termini di incontri e relazioni sociali. Potremmo anche dire in termini di umanizzazione del fare la spesa.

Il secondo aspetto che incide negativamente sulla vita dei negozi di vicinato è certamente la vendita online. Anche in questo caso, nulla da ridire sulla varietà, la qualità e la comodità degli ordini e delle consegne a domicilio. Il carattere individualistico dell’atto d’acquisto è però preponderante. Non c’è gara, ma il vulnus alla socialità è ancora più evidente e massimizzato.

C’è poi un dato economico che concorre al calo degli esercizi di un tempo: il costo dell’affitto dei locali che, a fronte di margini di guadagno affievoliti a causa dell’imperante concorrenza, diventa spesso sproporzionato e antieconomico per tutti coloro che non sono direttamente proprietari delle mura dove esercitano l’attività.

Infine, non va ignorato un fattore legato alla qualità della vita. Sempre meno persone, soprattutto tra i più giovani, sono disponibili a impegnare in maniera totale il proprio tempo, specialmente nel fine settimana, per far fronte ai doveri e ai vincoli imposti dall’attività commerciale.

Per tutti questi motivi non sbaglia, probabilmente, chi chiede di valutare incentivi. Il patrimonio dei negozi di vicinato è importante. Rappresenta, nell’insieme, un presidio sociale di valore e di riferimento, basti pensare alle persone anziane e sole e allo stesso “controllo” di luoghi altrimenti destinati al totale anonimato.

Sempre più, da anni, anche a Como, camminare lungo diverse vie della città significa osservare un gran numero di negozi irrimediabilmente chiusi perché non ce la fanno a stare sul mercato. Quelle vetrine vuote non indicano soltanto l’assenza di beni e prodotti offerti al pubblico, ma anche la mancanza del fattore umano. E questa perdita deve preoccupare.

MARCO GUGGIARI