È il tema del momento. L’intelligenza artificiale, abbreviata con l’acronimo inglese AI (artificial intelligence). E poi c’è ChatGPT, una delle parole simbolo di questo 2023: l’app più scaricata di sempre… Una rivoluzione. A dire il vero, «di intelligenza artificiale si parla da almeno 70 anni e una definizione univoca, che la descriva in modo da mettere tutti d’accordo, in realtà non c’è».

A spiegarcelo è don Andrea Pizzichini, sacerdote (classe 1984) dell’archidiocesi di Fermo (Marche). Dopo gli studi in ingegneria aerospaziale, Pizzichini risponde il suo «eccomi» alla vocazione sacerdotale e, nell’aprile 2017, viene ordinato presbitero. Ha quindi conseguito la Licenza e il Dottorato in Teologia morale alla Pontificia Accademia Alfonsiana, a Roma, dove è attualmente docente: qui si occupa principalmente del rapporto tra antropologia teologica e visione scientifica del mondo.

Don Andrea interverrà il prossimo 30 gennaio nel corso di una diretta sul canale Youtube del Settimanale (ISCRIVITI QUI) alle ore 21. L’incontro è promosso dalla nostra redazione in collaborazione con l’Associazione Amici del Settimanale (ASED), la CDAL e l’Ufficio diocesano per le comunicazioni sociali.

Di seguito riportiamo alcuni estratti dell’intervista a don Pizzichini pubblicata sul numero natalizio del Settimanale all’interno dello speciale dedicato al tema “Intelligenza Artificiale e pace”. I nostri abbonati possono recuperare l’inserto nell’archivio digitale del giornale. 

Che cosa è, dunque, “intelligenza artificiale”?
«L’idea di fondo, nata negli Anni Cinquanta del secolo scorso a partire da un gruppo di ricercatori statunitensi, era ed è quella di realizzare macchine in grado di risolvere problemi e questo è, senza dubbio, un compito intelligente», ci spiega don Andrea. E aggiunge: «da qui si apre anche il dibattito sul “machine learning”, ovvero sull’addestramento che porterebbe le macchine a modificare informazioni e prestazioni per svolgere autonomamente mansioni senza essere state specificamente programmate a comportarsi in un determinato modo». Per quanto possa essere tutto molto affascinante e suggestivo, queste capacità cognitive e di ragionamento così squisitamente umane e restano, in via esclusiva, prerogativa di uomini e donne. «Ad animare l’intelligenza artificiale ci sono programmi, algoritmi, sistemi tecnologici integrati, robotica – riprende don Pizzichini -. In questo ambito gli studi hanno visto alternarsi “estati” e “inverni”, ovvero periodi di grande entusiasmo ad altri di soste forzate, dall’euforia allo stallo, perché magari non si erano raggiunti i risultati sperati. Oggi siamo senza dubbio in piena “estate”, dopo gli “inverni” degli Anni Settanta e Novanta».

Da dove nasce l’attuale fermento?
«L’intelligenza artificiale ha bisogno di software, cioè di programmi, applicazioni, sistemi operativi, ma anche di hardware, in questo caso macchine di grandi dimensioni, super computer in grado di immagazzinare milioni di informazioni. Tutto questo si traduce in necessità di infrastrutture informatiche, energia, collegamenti, connessioni, tempo, risorse umane, investimenti economici nell’ordine di miliardi di dollari. Condizioni che nell’attuale contesto storico, sociale ed economico esistono, insieme a un altro patrimonio fondamentale per l’intelligenza artificiale i cui processi non sono di apprendimento (come accade con l’intelligenza umana) ma di addestramento, ovvero di riconoscimento di centinaia di migliaia di dati e immagini che permettono agli algoritmi di calibrarsi per arrivare a svolgere il compito assegnato o a risolvere il problema che si è presentato. Tale patrimonio sono i “big data”, ovvero la quantità immensa di informazioni, notizie, fotografie, schemi caricati e condivisi nella rete internet, un gigantesco archivio mondiale di dati con prestazioni mai avute in precedenza».

Papa Francesco ha scelto di parlare di intelligenza artificiale sia nel Messaggio per la Giornata Mondiale della Pace, sia nel prossimo Messaggio per la Giornata Mondiale delle Comunicazioni Sociali: perché?
«Come diceva san Paolo VI la “Chiesa è maestra in umanità”. E quindi la Chiesa da il suo contributo nel dibattito pubblico su cosa è scienza e tecnologia… sono aspetti che fanno parte della vita dell’uomo e anche la tecnologia rientra nel piano di Dio per l’umanità. Motivo per cui è bene affrontare questi temi, analizzare i fenomeni senza paure, idolatrismi o rifiuti aprioristici. La teologia si occupa, dunque, anche di tecnologia: è una questione antropologica, una dimensione della nostra umanità che va conosciuta per essere compresa e usata veramente “con” intelligenza».