«Sono lieto di essere qui a celebrare con voi l’Eucaristia, in questo bellissimo santuario, da  voi tanto amato, che ha coinvolto generazioni e generazioni di vostri concittadini e della intera Tre Pievi, un “punto di riferimento” molto importante per la formazione alla vita cristiana, perché dove c’è Maria c’è subito riferimento a Cristo, dove c’è Maria lì c’è la Chiesa».

Queste le parole del Vescovo monsignor Oscar Cantoni nell’omelia pronunciata la mattina del 6 settembre nella Santa Messa presso il Santuario della Madonna delle Lacrime a Dongo (Co).

Una realtà che è stata anche «sede di animazione francescana – ha ricordato ancora monsignor Cantoni -, di cui hanno usufruito molti aderenti laici, segnando una tradizione che non può e non deve andare perduta neanche in futuro. Attraverso Maria, da Francesco chiamata “Vergine fatta Chiesa”, coloro che si ispirano al suo esempio imparano a riconoscere in Maria l’anticipazione, la figura della Chiesa. Ciò che Maria è ora, la Chiesa è chiamata a diventarlo. Maria è una realizzazione anticipata di ciò che sarà in pienezza la Chiesa alla fine dei tempi».

Il Vescovo Oscar ha inoltre sottolineato che l’Eucarestia veniva celebrata proprio «nel giorno anniversario del miracolo della lacrimazione di Maria, avvenuta il 6 settembre 1553, (464 anni fa), alla presenza di una povera fanciulla, Maria de Matti. Occorre però saper interpretare il segno e attualizzarne il messaggio».

Perché Maria piange? Si è chiesto il Vescovo. Monsignor Cantoni ha ricordato altri luoghi, divenuti santuari, dove il pianto di Maria si è ripetuto. «Maria – ha detto – è l’immagine del volto materno di Dio. Anche Dio piange (è una espressone tanto ardita, ma esprime l’infinita pietà che Dio sente per ciascuno dei suoi figli). Egli piange con noi. Egli conosce le nostre sofferenze e ci aspetta per consolarci, avendo preparato per noi un futuro diverso. Al contrario, noi, di fronte a tante sofferenze dei nostri fratelli rischiamo di abituarci e di caricarci di indifferenza, che è la malattia più grave dei giorni nostri. Chi di noi ha pianto per le migliaia di nostri fratelli e sorelle annegati nel Mediterraneo? Chi ha pianto per le vittime degli attentati a Barcellona, o a Parigi o a Londra? Il  Signore, proprio attraverso le lacrime di Maria, vuole farci capaci di dolore di fronte alla indifferenza, capaci di tenerezza di fronte alla freddezza di rapporti, spesso solo virtuali, capaci di vicinanza amica nei confronti di quanti vivono nella sofferenza e nell’abbandono, capaci di prenderci cura delle persone che il  Signore ci fa incontrare. Ecco perché celebrare quest’oggi l’Eucaristia in questo luogo ci aiuta a risvegliare in noi un movimento di tenerezza, tipico della maternità di Maria, una tenerezza che ci rende capaci, come Gesù, di piangere con chi piange e di vivere una fraternità meno formale, una vicinanza che è condivisione e solidarietà, a imitazione sua, che si è fatto piccolo per rendere noi, suoi fratelli, grandi».

Prima del congedo finale monsignor Cantoni ha rivolto ai fedeli «alcune doverose informazioni», così si è espresso il Vescovo Oscar. Considerata la loro importanza le riportiamo integralmente, così come le ha pronunciate monsignor Cantoni.

«Come sapete, i nostri cari Padri Francescani lasciano il convento e il santuario, dopo secoli di permanenza. È una notizia ormai conosciuta, che ci rattrista molto. Vorrei che meditassimo questa decisione sofferta, che è andata rafforzandosi in questi ultimi mesi, prima di giungere a una scelta definiva. I frati non lasciano il convento per partito preso e “a cuor leggero”. Qual è il vero motivo? Occorre considerare le cause, prima di valutare gli effetti. La causa principale che ha portato i frati alla decisione di ritirarsi dal convento di Dongo è la mancanza di vocazioni alla vita religiosa: grande, drammatico problema che attraversa tutta la Chiesa oggi, in modo speciale la vita consacrata. La scarsità dei frati, la loro età che avanza, il non ingresso di nuovi chiamati, costringono gli istituti religiosi a ridurre all’essenziale le loro opere e quindi a chiudere, sia pure con rammarico, i loro conventi.

  1. A nome di tutti voi, ma anche della nostra Chiesa locale, in modo particolare dei sacerdoti e delle parrocchie di questo Vicariato, vorrei ringraziare vivamente tutti i religiosi che qui si sono succeduti lungo il corso del tempo e benedire il  Signore per il loro apporto generoso e fedele a servizio dei fedeli, attraverso il ministero sacerdotale nel santuario, ma anche la collaborazione attiva alle parrocchie vicine e all’ospedale di Gravedona. Tutti i religiosi hanno sempre mostrato un generosa disponibilità, di cui il  Signore renderà loro merito.
  2. Come ho già detto nell’omelia, vorrei auspicare che i nostri Frati Minori potessero continuare a mantenere una presenza costante almeno con i laici appartenenti al Movimento Francescano, che in questa terra ha una bella tradizione e che raggruppa molti aderenti. Mi è stato assicurato che i Frati verranno periodicamente per tenere vivo il carisma francescano e seguire personalmente le diverse persone che seguono questa spiritualità.
  3. Che ne sarà, allora, del santuario e del convento? Già da parecchi mesi, fin dai primi giorni del mio ingresso in diocesi, nel dicembre scorso, ho preso contatto con i superiori dei Frati Minori perché fosse la diocesi di Como ad assumersi direttamente la responsabilità del Santuario e quindi a curare un regolare svolgimento delle funzioni religiose e una costante presenza per le confessioni, come sia addice a un santuario. Stiamo studiando come poter gestire il santuario, in modo che esso sia in costante collaborazione con la parrocchia di Dongo e sia in essa pienamente integrato. Quando i nostri Frati avranno lasciato il Santuario, incaricherò un sacerdote che in modo permanente risieda qui e svolga un regolare e costante servizio religioso.
  4. In un secondo momento, concorderemo con i Frati anche le modalità più opportune per gestire il convento e metterlo al servizio del vicariato e della diocesi per occasioni formative, incontri biblici, esercizi spirituali, attività pastorali, culturali e missionarie, con la possibilità anche, se sarà possibile, di ospitare sacerdoti anziani, che desiderano vivere insieme e nello stesso tempo, per chi potesse, mettersi a disposizione delle parrocchie della zona.
  5. Qui vorrei ringraziare, oltre i Frati, i numerosi volontari e volontarie, che con grande spirito di servizio e gratuitamente, hanno sostenuto i frati e con ogni premura hanno sostenuto amorevolmente il convento, il santuario, il giardino, la vigna e tutto il resto. Vorrei che il loro apporto preziosissimo non si concludesse, ma potesse continuare, auspicando che la diocesi possa gestire anche il convento nei prossimi anni.
  6. Come sapete, poi, il convento gode anche della presenza di una ricchissima biblioteca, il “vero tesoro di Dongo!”, che deve essere conservato, con l’ apporto della amministrazione comunale, che ho già incontrato e che è interessata all’evolversi della situazione e con il centro Rusca di Como, che prenderà a breve i contatti iniziali.
  7. Da parte mia e dei miei collaboratori, unitamente ai sacerdoti del vicariato e ai laici collaboratori, non lasceremo nulla di intentato perché santuario e convento mantengano l’attuale splendore e così si confermi la bella e antica tradizione che fa del convento di Dongo una ricchezza che nobilita e onora il patrimonio religioso e culturale delle Tre Pievi».