Il 13 agosto del 1961 fu completata a Berlino la cosiddetta “barriera di protezione antifascista”, più nota come “muro di Berlino”, un sistema di fortificazioni fatto costruire dal governo della Repubblica Democratica Tedesca per impedire la libera circolazione delle persone tra il territorio della Germania Est e Berlino Ovest, enclave di territorio appartenente alla Repubblica Federale di Germania.
Per oltre 28 anni il muro divise quella che oggi è la capitale della Germania e almeno 133 persone trovano la morte cercando di superarlo.
Le cose cambiarono improvvisamente la sera di giovedì 9 novembre 1989. Il governo di Egon Krenz, insediatosi da pochi giorni in Germania Est, aveva deciso di concedere ai propri cittadini dei permessi per viaggiare in Germania Ovest. Günter Schabowski, ministro della Propaganda della Repubblica Democratica Tedesca, ebbe il compito di darne notizia: durante una conferenza stampa, convocata alle 18 del 9 novembre 1989, gli fu recapitata la notizia che il Partito di Unità Socialista di Germania aveva deciso di permettere ai cittadini dell’Est di attraversare i confini con un apposito permesso, ma non gli furono date informazioni su come trasmettere la notizia. Il corrispondente ANSA da Berlino Est, Riccardo Ehrman, chiese, allora, da quando le nuove regole di viaggio sarebbero entrate in vigore e Schabowski, in mancanza di indicazioni chiare che non gli erano state fornite, affermò che l’efficacia del provvedimento sarebbe stata immediata.
Appresa la notizia in diretta radio e tv, decine di migliaia di berlinesi dell’Est invasero i valichi di frontiera, chiedendo di poterli attraversare. Le guardie di confine, sorprese, non erano in grado di sedare una folla così numerosa e furono costrette ad aprire i valichi. I berlinesi dell’Est furono accolti in maniera festosa da quelli dell’Ovest e spontaneamente i bar vicini al muro iniziarono ad offrire birra gratis per tutti. Il 9 novembre è quindi considerata la data ufficiale della caduta della “barriera di protezione antifascista”.
Trent’anni fa, dunque, con la caduta del muro, di fatto si aprì il processo per la riunificazione della Germania, e si concluse la “Guerra fredda” in Europa. La sera del 9 ottobre 1989 fu preludio dell’imminente fine dei regimi comunisti dell’Europa Orientale e una tappa fondamentale per la costituzione dell’Unione Europea come oggi la conosciamo.

Domenica, 23 giugno 1996, al termine di tre giorni di viaggio apostolico in Germiana, il papa San Giovanni Paolo II tenne un discorso di congedo presso la Porta di Brandeburgo a Berlino, ricordando proprio la caduta del muro.

In nessun altro luogo come in questo, durante la violenta divisione del vostro Paese, il desiderio di unità si è collegato così tanto a una opera di edificazione. La Porta di Brandeburgo è stata occupata da due dittature tedesche. Ai dittatori nazionalsocialisti serviva da imponente scenario per le parate e le fiaccolate ed è stata murata dai tiranni comunisti. Poiché avevano paura della libertà, gli ideologi trasformarono una porta in un muro. Proprio in questo punto di Berlino, simultaneamente punto di congiunzione d’Europa e punto di divisione innaturale tra Est e Ovest, proprio in questo punto si è manifestato a tutto il mondo il volto spietato del comunismo, al quale risultano sospetti i desideri umani di libertà e di pace. Esso teme però soprattutto la libertà dello spirito, che dittatori bruni e rossi volevano murare.
Gli uomini erano divisi tra loro da muri e confini micidiali. E in questa situazione la Porta di Brandeburgo, nel novembre del 1989, è stata testimone del fatto che gli uomini si sono liberati dal giogo dell’oppressione spezzandolo. La Porta chiusa di Brandeburgo era lì come simbolo della divisione; quando infine fu aperta, divenne simbolo dell’unità e segno del fatto che era stata finalmente realizzata l’aspirazione della Legge fondamentale al raggiungimento dell’unità e della libertà della Germania nella libera autodeterminazione. E così si può dire a ragione: la Porta di Brandeburgo è diventata la Porta della libertà.
In questo luogo così permeato di Storia mi sento spinto a rivolgere un urgente appello per la libertà a tutti voi qui presenti, al popolo tedesco, all’Europa, anch’essa chiamata all’unità nella libertà, a tutti gli uomini di buona volontà. Possa questo appello raggiungere anche quei popoli ai quali fino ad oggi è stato negato il diritto all’autodeterminazione, ai non pochi popoli – sono di fatto molti – ai quali non sono garantite le libertà fondamentali della persona: la libertà di fede, di coscienza e la libertà politica.
Libertà non significa diritto all’arbitrio. La libertà non è un “lasciapassare”! Chi trasforma la libertà in un lasciapassare le ha già inferto un colpo mortale. L’uomo libero è tenuto alla verità, altrimenti la sua libertà non è più concreta di un bel sogno, che si dissolve al risveglio. L’uomo non deve la propria esistenza a se stesso, ma è una creatura di Dio; non è padrone della propria vita e di quella altrui; se vuole essere uomo nella verità, deve udire e ascoltare. La sua libera creatività si sviluppa in modo efficace e duraturo solo se si basa come su incrollabile fondamento sulla verità, che è stata data all’uomo. Allora l’uomo potrà realizzarsi, anzi potrà superare se stesso. Non c’è libertà senza verità.
L’idea della libertà può essere trasformata in realtà di vita laddove gli uomini insieme ne sono convinti e pervasi, nella consapevolezza dell’unicità e della dignità dell’uomo e della sua responsabilità al cospetto di Dio e dell’umanità.
Esorto tutti i Berlinesi e tutti i tedeschi, ai quali sono grato per la pacifica rivoluzione dello spirito che ha portato all’apertura della Porta di Brandeburgo: non spegnete lo Spirito! Tenete aperta questa porta, per voi e per tutti gli uomini! Tenetela aperta con lo spirito dell’amore, della giustizia e della pace! Tenete aperta la porta con l’apertura dei vostri cuori! Non c’è libertà senza amore.