Lo scorso 31 gennaio, alla veneranda età di 93 anni, si è spento a Parma padre Lorenzo Caselin, uno dei missionari saveriani più ricordati tra quelli che hanno legato il loro nome alla Casa di Tavernerio. Era da tutti conosciuto come il padre “Alpino”. Padre Filippo Rondi ha raccontato sul Settimanale del 9 febbraio la sua storia.
Nato nel lontano 1923 a Santorso di Vicenza, non ancora ventenne, aveva dovuto lasciare il paese e i cari per partire e servire la patria durante l’ultimo conflitto mondiale come alpino, “alpino dalle tante avventure”, come era solito raccontare. Tornato miracolosamente dal fronte, dopo una decina di anni trascorsi di nuovo a Santorso di Vicenza, nel 1956 decise di farsi missionario entrando nell’Istituto fondato da San Guido Maria Conforti.
Ordinato sacerdote nel 1962 a Parma, trascorse i primi anni del suo servizio a Tavernerio come economo. Partì poi per la missione del Congo dove vi rimarrà per ben 50 anni impegnato in molti servizi pastorali e distinguendosi sempre per una spiccata attenzione nei confronti di malati e handicappati. Solo alcuni anni fa, a più di novant’anni, con cinquanta spesi nel Congo, si decise a far rientro in Italia rimanendo nella Casa Madre dei Saveriani di Parma.
Padre Lorenzo era un punto di riferimento per i molti studenti anche per la sua straordinaria avventura come alpino. In molte occasioni raccontava loro le sue avventure di soldato e come era nata in lui una profonda vocazione per la “Madonna Nera”. Incantati ascoltavano i suoi racconti, quando narrava dei molti pericoli affrontati, della prigionia e di come avrebbe perso sicuramente la vita se non fosse intervenuta la sua cara Madonna Nera.
In una delle sue ultime lettere indirizzata ai molti amici e sostenitori, poco prima di tornare definitivamente in Italia, è lo stesso padre Lorenzo a raccontare quella straordinaria esperienza che gli capitò mentre era in servizio come alpino, un’esperienza che segnò per sempre la sua vita e la sua vocazione. La Madonna Nera di Czestochowa gli aveva salvato la vita, a lei doveva la sua vocazione, la sua profonda devozione mariana, il suo grande entusiasmo che sarà la nota peculiare di tutta la sua vita.
“Vi parlo della Madonna Nera di cui sono tanto devoto”, scrive padre Lorenzo da Bukavu. “Il 25 gennaio del 1945, durante l’avanzata delle “armate russe” in Polonia, nel campo di concentramento vicino a Poznan, dove ero rinchiuso, un ufficiale Cosacco voleva uccidermi solo perché portavo il cappello da alpino. Aveva giurato infatti di uccidere tutti gli Alpini perché loro nel 1943 avevano distrutto insieme ai Tedeschi il suo villaggio natale. Mi prese per il petto, estrasse la pistola e me la puntò alla nuca, sbattendomi contro la colonna d’ingresso del Campo. Sopra la mia testa c’era murata una maiolica riproducente la Madonna di Czestokova. Lui la vide e si fermò. Depose l’arma nel fodero e mi diede un ceffone facendomi cadere nella neve ghiacciata. Un Polacco lì presente che io conoscevo, di nome Marian Kaczmarek, intervenne per difendermi e poi disse: “Rienzi (Lorenzo in italiano) la Regina della Polonia, la Madonna di Czestokova, ti ha salvato la vita. Devi esserLe riconoscente. Dopo undici anni da quella data mi sono “convertito” e mi sono fatto missionario.
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