Pubblichiamo di seguito la lettera che don Roberto Seregni, missionario fidei donum in Perù, ha inviato al Settimanale in vista del Natale.
Questo scritto è pubblicato sul numero natalizio del nostro giornale insieme alle testimonianze di altri due missionari della nostra diocesi: don Federico Pedrana da Bucarest e padre Stefano Giudici da Nairobi.
Un tramonto infuocato accompagna la preghiera dei Vespri. È stata una giornata piena di incontri e di attivitá, ma adesso posso sedermi vicino al presepe dell’antica chiesa coloniale di Carabayllo per pregare con un po´di calma.
Una lama di luce calda filtra dalle finestre e nella penombra della sera posso contemplare il piccolo Gesú adagiato su una manciata di paglia e foglie.
Lo sguardo di Maria e Giuseppe avvolge di tenerezza il riposo del Messia. Mi chiedo cosa sia passato nella mente e nel cuore di quei due giovani esuli mentre contemplavano il figlio di Dio affidato alla loro inesperta cura. Che guazzabuglio di pensieri e paure.
Quante domande.
Quanti perché sussurrati nel buio della notte ripensando alle parole solenni e misteriose dell’angelo.
A pochi passi dalla capanna, su un filo sospeso tra due pali, sono stesi i pannolini candidi del neonato. Mi fa sorridere questo piccolo dettaglio, sorridere e commuovere.
Mentre guardo i pannolini ripenso al meraviglioso testo che apre il Vangelo di Giovanni: “In principio era il Verbo e il Verbo era Dio. E il Verbo si fece carne”. Contemplando il presepe mi ricordo di una traduzione poetica letta da qualche parte: “In principio era la tenerezza e la tenerezza era Dio. E la tenerezza di Dio si fece carne in Gesù”.
La forza dirompente del Natale è la tenerezza di Dio. Di un Dio che si fa uomo, che si butta nella mischia, che si fa uno di noi.
Lo stupore del Natale è contemplare un Dio che non sembra nemmeno Dio.
È un bimbo povero, affamato, infreddolito, bisognoso di tutto.
È un bimbo nato come profugo in una stalla.
Il Dio che si rivela nella grotta di Betlemme è un Dio che irrompe nella storia e fa piazza pulita con tutti i nostri schemi e le nostre attese. Il primo vagito di Gesù segna un nuovo inizio, un cambio di rotta inarrestabile, una novità assoluta destinata a cambiare per sempre il respiro dell’universo.
Dio entra nel mondo dal punto più basso, da una grotta, da una stalla. Dio inizia dalla periferia, dagli ultimi della fila, dagli esclusi, da quelli che per il mondo non contano nulla. Nessuno è escluso. Questa è la buona notizia per cui vale la pena, ancora una volta, celebrare il Natale.
Un abbraccio
don Roberto