«Una bambina di dieci anni un giorno mi ha detto: non è vero che non hai le mani, ce le hai, ma più in basso!» Queste le prime parole che Simona Atzori, dopo essersi tolta le scarpe, ha rivolto agli animatori del Grest della nostra Diocesi, riuniti sabato 15 giugno 2019 a San Fermo della Battaglia. Ed è proprio vero. Simona, nata senza braccia, coi piedi fa tutto, ma soprattutto danza e dipinge. Anche grazie a queste due forme d’arte, che sono la sua grande passione, sabato ha raccontato la sua “Bellastoria” (titolo del Grest 2019), la storia della sua vita. Ma subito avverte: «Ragazzi, anche la vostra vita è una bella storia! Forse la mia è un po’particolare, ma di certo non speciale…almeno non più di quella di ognuno di voi!»

Ma quando ha inizio questa storia un po’ particolare?
Il 18 giugno 1974, a Milano, Simona nasce. Per i suoi genitori è una gioia. Insieme alla felicità, però, c’è anche difficoltà: «Mia mamma mi ha detto “il giorno in cui sei nata tutto l’ospedale e tutta Milano mi sono crollate addosso”». Erano altri tempi. Da molti la nascita di una figlia disabile era vista come una disgrazia, grande era il disorientamento: non c’era nessuno a cui affidarsi, a cui chiedere aiuto e consiglio. Fino al momento del “piccolo miracolo”.

Quando Simona aveva due mesi, i suoi genitori la vedono allungare i piedi, per cercare di afferrare una pallina rossa sospesa sopra la sua culla: forse non bisognava continuare a focalizzarsi su ciò che mancava, sui limiti, ma ciò che c’era. Ed è proprio quello che ha confermato Simona:

«Molte persone mi hanno detto che non avrei mai potuto danzare o dipingere senza braccia. Se le avessi ascoltate, sarei diventata il mio limite, e oggi non sarei qui. Ho lasciato il limite negli occhi di chi mi guardava. Ho sfruttato le mie qualità per danzare e dipingere. E non l’ho fatto per rivalsa, ma semplicemente perché sono le mie passioni. Ragazzi, avete molte qualità, sfruttatele per fare qualcosa di bello, per realizzare i vostri sogni e le vostre passioni. Potete fare quello che volete. Non diventate il vostro limite, ma superatelo!».

È stato molto lo spazio lasciato alle domande che sono state rivolte dagli animatori presenti, grazie alle quali sono emersi altri aspetti della bella storia di Simona. Tanti i temi toccati: dalle curiosità della vita di tutti i giorni al bullismo. Alla fine, è stata posta la questione più importante:

«Qual è il tuo rapporto con Dio? Sei mai stata arrabbiata con Lui?» Ecco la risposta: «No, non sono mai stata arrabbiata con Lui. Penso che Dio, da quel grande artista che è, mi abbia disegnato con tutto il necessario per essere me stessa, facendo ciò che amo. E di sicuro ha disegnato nel miglior modo possibile anche voi.»

Dopo queste parole, la serata si è conclusa con una semplice, ma intenso, momento di preghiera: Simona ha stretto tra dita il capo di un gomitolo, che è stato fatto passare tra tutti, per unire e incrociare tutte le belle storie dei presenti.

Infine, dopo i ringraziamenti e gli ultimi lunghi applausi, Simona si è rimessa le scarpe, si è alzata e si è intrattenuta con tutti coloro che hanno voluto scambiare qualche parola con lei. Che strano, però, vedere quei piedi che hanno gesticolato tutta la serata accompagnando il racconto di Simona intrappolati in un paio di scarpe: a tutti erano sembrati un paio di mani, solo situate un po’ più un basso del solito.

L’articolo è tratto dal nuovo numero de “Il Settimanale” in uscita questa settimana.