Don Luigi Ceccato, parroco di Camnago Volta, è spirato nella notte tra sabato 19 e domenica 20 ottobre. I funerali verranno celebrati oggi, martedì 22 ottobre, alle ore 15, nella chiesa parrocchiale di Camnago.
Di seguito pubblichiamo il ricordo scritto da don Angelo Riva, direttore del Settimanale.
«Una vita da mediano». Dal cielo mi perdonerà, don Luigi, se prendo a prestito il gergo calcistico di una famosa canzone per parlare di lui. Come nel calcio ci sono gli Oriali e i Gattuso, e non sono meno preziosi di un Cristiano Ronaldo, funziona così anche nella vita. Quella di don Luigi è stata «una vita da mediano»: sgobbando in mezzo al campo del Regno di Dio, dove c’è da tirare la carretta, umilmente, silenziosamente, dando di sudore e badile, lontano dai lustrini della notorietà e dai luccichii – o presunti tali – della cosiddetta carriera ecclesiastica. Don Luigi è stato un umile operaio della vigna del Signore. A volte un prete lo si esalta per le sue doti di brillante oratore, o per le sue capacità manageriali di gestire i beni della parrocchia. Ci sono preti ideatori e innovatori, capaci di intuizioni geniali a livello pastorale, nel campo della catechesi, della liturgia, della carità; ed altri che hanno il carisma del leader, sono nativamente dei trascinatori, e, dove passano, scavano un solco profondo nella vita delle persone e delle comunità. Don Luigi no. Il suo è stato un sacerdozio semplice, popolare, “operaio”. La sua unica esaltazione è stata quella di cui parla la Madonna del Magnificat: «il mio spirito esulta in Dio, perché ha guardato l’umiltà della sua serva». Ma si tratta dell’esaltazione più grande, e più feconda per il Regno di Dio: «grandi cose ha fatto in me Colui che rimanda i ricchi a mani vuote e innalza gli umili». È l’esaltazione dei piccoli, dei poveri e dei semplici del vangelo, a cui il Padre rivela i segreti del Regno (viceversa nascosti ai sapienti e agli arroganti), e di cui si serve per scrivere nel mondo una storia nuova. La vera storia: la sua, di Agnello mite, immolato e glorioso.
Ordinato sacerdote nel 1984, all’età di 32 anni (era nato a Bizzarone il 16 marzo del 1952), don Luigi è stato una vocazione adulta, maturata nel severo tirocinio della vita lavorativa e nel crogiuolo del dolore per la perdita ravvicinata di entrambi genitori. Vocazione fortemente desiderata e tenacemente costruita – anche con il paziente completamento di un iter scolastico che si era interrotto anni prima –. E rischiarata di vivida luce dalla professione religiosa dell’unica sorella Maria Dora, attuale Superiora delle Figlie di Gesù. Come sacerdote don Luigi è stato prima vicario di Como Sant’Agostino (1984-1991), poi vicario di Lora per tre anni, quindi parroco di Postalesio, in Valtellina, dal 1994 al 2000. Il successivo ministero in alto lago (prima a Stazzona e poi anche a Germasino, fino al 2006) vide il manifestarsi dei primi segnali di un affaticamento fisico e di salute che si sarebbe col tempo progressivamente aggravato, fino al drammatico e prematuro epilogo di domenica notte. Nel frattempo don Luigi era stato nominato prima collaboratore ad Albate (2006-2014), quindi, dal 2014, parroco di Camnago Volta. Un cursus pastorale intenso, che don Luigi ha percorso alla sua maniera: come umile e silenzioso agricoltore del campo di Dio, con molta saggezza e profonda umanità, senza smancerie e lontano dalle ribalte. Un carattere buono, che sapeva anche essere gioviale e di compagnia, con quegli occhi sempre un po’ socchiusi che si aggrottavano in un sorriso lieve e sereno, inarcando la fronte ampia e spaziosa. Don luigi lo abbiamo conosciuto alieno dalle inutili discussioni, aggrappato alla semplicità del vangelo, conquistato e arreso alla sua elementarità, che così ben si sposava con il suo animo schietto e sincero. Ammaestrato dalle sofferenze della vita, che non gli ha risparmiato colpi anche molto duri, sapeva comprendere a fondo il dolore degli altri, e accompagnarli con discrezione. Nel suo ministero sacerdotale rivivevano le radici umili e fiere della sua terra veneta, da dove (da Loreggia, vicino a Padova) la sua famiglia era migrata, in cerca di miglior fortuna, verso la ben più florida e promettente terra comasca. Delle sue radici venete don Luigi conservava la robustezza, la schiettezza, la solidità, l’eco di una saggezza antica plasmata dal sacrificio e dalla fatica del lavoro. Se davvero crediamo che le vie di Dio non corrispondono affatto a quelle normalmente predilette dagli uomini; che i criteri del vangelo non sono quelli dell’efficienza e della produttività umana; che il Regno di Dio non avanza in modo da attirare l’attenzione, ma si costruisce con pazienza, giorno dopo giorno, nel lavoro umile e nascosto; ebbene, se noi crediamo fermamente a tutto questo, possiamo essere certi che il contributo dato da don Luigi alla costruzione del Regno di Dio è stato grande. Probabilmente molto più efficace e prezioso di tante azioni pastorali brillanti e di successo che possiamo mettere in campo. Il Signore ama e cerca «questi» operai del vangelo. E, attraverso la loro umile dedizione, sa fare grandi cose. Grazie don Luigi, e da lassù abbi un pensiero per tutti noi.