«Il Signore crede in me». Questa la frase consegnata dal Vescovo monsignor Oscar Cantoni ai detenuti che la mattina del 24 dicembre hanno partecipato alla Santa Messa di Natale (concelebrata dal cappellano padre Michele Rocco) nel salone polifunzionale della Casa Circondariale del Bassone di Como. Presenti gli operatori, i volontari, le autorità, religiosi e religiose, il personale di polizia penitenziaria e tante persone amiche, insieme ai detenuti delle sezioni maschile e femminile. Ad animare la liturgia un gruppo di cantori e strumentisti della parrocchia di Albate (albatese anche il picchetto del Gruppo Alpini).
«Vi annuncio una grande gioia, questo il messaggio del Natale – ha aggiunto monsignor Cantoni –. Il Signore nasce per tutti e, prima che agli altri, si è rivelato ai pastori, che erano gli ultimi, gli emarginati. Dio si mette dalla parte degli esclusi, mostrandosi, Egli stesso, come un semplice, un povero, un Bambino che è fonte di tenerezza e bontà». Dio che nasce ci dice «sono venuto a cercare e salvare chi era perduto. Tutti abbiamo bisogno di un cuore nuovo e lo abbiamo quando abbiamo la consapevolezza di essere perdonati e accolti nei nostri peccati. È qui che il Signore sprigiona la sua misericordia». Sapere che «il Signore crede in noi ci permette di riprendere il cammino. Ripetiamolo quando siamo scoraggiati: il Signore crede in me… e mi rende degno del suo annuncio di pace». Gli angeli, nella Notte Santa, dicevano pace agli uomini: «e gli uomini sono coloro che sono amati da Dio. Questa pace vi rimanga dentro e vi sia di aiuto. Fate risuonare queste certezze nei giorni difficili e di solitudine: il Signore crede in me… Il suo amore ci riabilita e ci rimette in cammino».
Durante la celebrazione della Santa Messa sono stati portati all’altare, dopo il pane e il vino, alcuni doni: dei rosari «che, come da richiesta dei detenuti, saranno donati a tutti: Maria sarà con voi, nella vostra cella, e pregherà con voi, per voi e per le vostre famiglie», e alcune copie del progetto “Come un granello di senape”, una pubblicazione che illustra i percorsi di aiuto, accoglienza e ascolto avviati nel carcere del Bassone e coordinati da alcune religiose e consacrate della nostra diocesi (un progetto che vorrebbe culminare con la realizzazione di un centro di ascolto interno alla casa circondariale). “Come un granello di senape” è stato realizzato in memoria di Marisa Gini, consacrata laica e volontaria presso il Bassone, mancata due anni fa. Dai suoi familiari, presenti alla Messa il 24 dicembre, è giunto un aiuto concreto fondamentale per la materializzazione del progetto.
Ad abbellire l’altare tanti, coloratissimi, fiori di cartapesta, realizzati dai detenuti del maschile nei laboratori d’arte interni al carcere (visitati dal Vescovo al termine della Messa). Durante la celebrazione è stato ricordato Giorgio Quadri, scomparso prematuramente un anno fa: allenava la squadra di calcio dei detenuti «e so quanto vi manca – ha detto sua moglie commossa –. Ho aspettato tanto prima di scrivervi. Giorgio credeva nel valore educativo dello sport. Voglio farvi gli auguri con un pensiero di un amico sacerdote missionario in Perù: Dio ha scelto di entrare nella storia dal basso. Lui è nato per tutti… è tempo di smettere di cercare Dio fra le stelle… Lui ci aspetta già in una stalla». «Grazie per la vostra presenza – ha detto il nuovo direttore del carcere Fabrizio Rinaldi –. La casa circondariale ha bisogno di attenzione e partecipazione. La vita in carcere è sempre difficile, ancora di più in questi giorni di festa e di emozioni. Un tempo di fatica per i detenuti e per gli operatori di polizia». Al termine il Vescovo si è fermato a salutare uno a uno tutti i presenti…
Quest’anno, poi, una presenza particolare e speciale alla Messa di Natale, quella di don Gino Rigoldi, una vita fra gli ultimi come educatore, da decenni cappellano del carcere minorile “Cesare Beccaria” di Milano.
Come mai a Como? «Sono venuto a trovare alcuni dei “miei” ragazzi oggi maggiorenni e trasferiti qui. Cerco di andare a trovarli e di essere presente sempre per loro». Il Natale celebrato in carcere: perché? «Perché è innanzitutto un momento di festa che coinvolge tutti… e qui ho visto anche una qualità della celebrazione e della partecipazione molto bella e molto alta». Quale messaggio dare a chi è “fuori”, alle famiglie dei reclusi e a coloro che hanno subito le azioni di chi adesso è in carcere? «Chi sbaglia può cambiare. Serve, però, che ci siano dei percorsi di accompagnamento che permettano alle persone di cambiare e di non fare più errori così gravi». Un augurio espresso bene dal salmo cantato a piena voce e che è l’inno che risuona in tutte le Messe in carcere: «Per tornare a volare come l’aquila».