«Dare sostegno alle persone prima ancora che al reddito». Questo lo spirito che anima il “Fondo di Solidarietà Famiglia Lavoro 2020” promosso dalla diocesi di Como su impulso del Vescovo monsignor Oscar Cantoni, attraverso la Caritas e l’Ufficio diocesano di Pastorale sociale e del lavoro, insieme ad Acli, Compagnia delle Opere e Consulta diocesana delle Aggregazioni laicali. Il Fondo, che può contare su una prima disponibilità economica di 200mila euro (metà messi a disposizione dalla Diocesi, l’altra metà da donazioni), è pensato per chi si trova in difficoltà a causa della crisi sociale, economica e occupazionale provocata dalla pandemia sanitaria da coronavirus. Il “Fondo 2020” è rivolto ai nuclei familiari e alle persone residenti sul territorio della diocesi di Como. Nessuno sarà lasciato indietro: lo ha detto con certezza don Gianpaolo Romano, direttore dell’Ufficio diocesano per la Pastorale sociale e del lavoro e a capo del gruppo di coordinamento che raccoglierà e valuterà le domande.
Il “Famiglia Lavoro 2020” è dedicato alla memoria del vicario generale don Renato Lanzetti (scomparso a causa del Covid-19 lo scorso 8 aprile) e di tutte le vittime del Sars-Cov2. Già in questi mesi la rete di sostegno alle diverse forme di povertà attiva in diocesi di Como, grazie alle parrocchie, alla Caritas (in tutte le sue articolazioni) e alla collaborazione con moltissime realtà del laicato e del volontariato, si è attivata per rispondere alle necessità più urgenti, come aiuti alimentari o contributi per affrontare le spese quotidiane. Il Fondo 2020 si innesta nel solco del cammino iniziato nel 2009, con il primo fondo di solidarietà attivato in diocesi per aiutare le famiglie in difficoltà a causa della crisi economica scoppiata nel 2008. Oltre un migliaio i nuclei familiari sostenuti in quella fase, poi trasformata in dona lavoro e rete lavoro: un accompagnamento con voucher, contratti a tempo, percorsi di formazione e tirocinii che hanno permesso a un numero significativo di persone di trovare una risposta occupazionale. In questo momento, con le attività formative sospese, tale strada non è percorribile.
Ci troviamo in un momento in cui i bisogni concreti aumentano: nonostante la riapertura, infatti, molte attività produttive restano ferme o stagnanti. «Attualmente – osserva per le Acli Giorgio Riccardi – stiamo raccogliendo richieste di aiuto da famiglie, in maggioranza dei casi italiane, con forme di lavoro fragili: non necessariamente irregolari o in nero, ma lavoro a chiamata o stagionale, che con l’incertezza del post lockdown faticano a far ripartire contratti magari consolidati da anni». I criteri di accesso non sono particolarmente stringenti (anche se saranno sottoposti a verifica scrupolosa come, ad esempio, l’assenza di altre forme di sostegno economico), così come per quanto riguarda le erogazioni non è stata indicata una quota fissa (fino a un massimo, comunque, di 500 euro mensili). «I nostri punti di riferimento – sottolinea il direttore della Caritas diocesana Roberto Bernasconi – saranno i vicari foranei e i parroci, che conoscono il territorio, le famiglie e i loro bisogni. Poi attraverso gli sportelli di Acli, Compagnia delle Opere e i diversi patronati possiamo gestire le domande. Fondamentale anche la collaborazione con le amministrazioni comunali e le rappresentanze dei lavoratori per valutare altre possibilità di accompagnamento». Un gruppo di coordinamento raccoglierà e valuterà le richieste: «nel caso in cui non si rientrasse nelle previsioni del Fondo, le persone non saranno comunque lasciate sole, ma indirizzate verso il servizio per loro più idoneo. Eventualmente, quando la situazione lo consentirà, anche di tipo occupazionale».
La pandemia da coronavirus ha fatto emergere un grande senso di responsabilità in molti imprenditori, che hanno anticipato il sostegno al reddito dei dipendenti, è il pensiero di Marco Mazzone, presidente della Compagnia delle Opere. «Da questa esperienza – è la conclusione di Paolo Bustaffa per la Cdal – dovremmo imparare nuovi stili di vita e di organizzazione economica e del lavoro».