«Togliamoci l’ansia di dover fare come si è sempre fatto, di dover essere all’altezza di chissà cosa. Togliamoci la preoccupazione di dover rimettere in piedi tutto, come se niente fosse. Non sarà e non potrà essere così. Sarà nuovo». Erano queste le parole con cui alla fine di aprile, in piena quarantena, don Pietro Bianchi, delegato diocesano per la pastorale giovanile e vocazionale, invitava le comunità e gli oratori della diocesi a pensare all’estate.
Guardando alle esperienze raccontate sull’ultimo numero de Il Settimanale (i Grest degli oratori di Delebio, Piantedo e Andalo – Albate e Muggio – Sagnino – Brenta e Cittiglio) e alle tante altre avviate in diocesi (dove sono partiti circa la metà dei Grest rispetto allo scorso anno) viene da dire che sono stati in tanti a raccogliere la sfida riuscendo a proporre un ventaglio davvero interessante e vario di esperienze; forse meno lunghe in termini di durata o partecipate in termini di numeri (per via delle regole), ma altrettanto significative proprio perché frutto di uno sforzo non scontato.
Bisogna però anche ammettere, senza per questo farne una colpa, come in tante altre parrocchie non ci sia riusciti. Forse per mancanza di risorse umane, di spazi adatti o di coraggio, questo lo lasciamo alla riflessione e al discernimento di ogni singola comunità. In tutte le esperienze in corso o già concluse ci è parso di cogliere un unico comune denominatore: la capacità di coinvolgere in modo propositivo e decisivo i territori, a partire dagli adulti (spesso con formule nuove), ma anche le associazioni, i comuni, in una vera alleanza educativa.
Un’esperienza di cui far tesoro anche per i prossimi anni (speriamo senza Covid-19).
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