In occasione della Giornata mondiale dei poveri che si celebra domenica 13 novembre condividiamo con voi questa riflessione del direttore Rossano Breda.
A oggi in Italia, secondo i dati Istat e confermati anche sulla base delle fonti dei 2.800 Centri di ascolto diocesani (CdA) nazionali, ci sono 5.571.000 persone in povertà assoluta, pari a quasi il 10% delle popolazione. È un dato allarmante e purtroppo in evoluzione negativa.
Durante il periodo della pandemia ogni giorno e mezzo è aumentato un miliardario nel mondo, mentre quasi nello stesso tempo aumentava il numero di poveri nel mondo di un milione quasi ogni due giorni. Se il mondo ha avuto un’occasione per dimostrare realmente la sua capacità di essere solidale con tutti i suoi cittadini, sempre nella logica della condivisione delle ricchezze, anche quelle inerenti alla salute come il vaccino per il Covid, beh ha dimostrato il suo fallimento ancora una volta.
Risultato di questo processo di “deterioramento” dei rapporti solidali dell’umanità è un altro dato sconcertante: solo nel 2022, da gennaio ad oggi, sono morti in Italia 289 persone senza dimora, con un aumento esponenziale rispetto ai due anni precedenti. In particolare, tra questi decessi quasi il 40% riguarda cause legate alla salute e al freddo. Una strage silenziosa, dentro i nostri vicoli e sotto i nostri androni dei palazzi. Una strage che non viene raccontata, come quelle delle morti del lavoro non tutelato, come quello degli anziani soli in casa, solo per citarne altre.
Tra le principali cause della povertà in Italia ci sono la bassa scolarizzazione, la poca capacità di rigenerazione professionale, livelli di bassa qualificazione lavorativa, la trasmissione generazionale della povertà dentro le famiglie indigenti.
Nei CdA diocesani di questa coscienza si è fatta e si continua a fare lunga esperienza. Per questo dobbiamo ringraziare le migliaia di volontari accompagnati da centinaia di operatori che insistentemente monitorano i territori, ascoltando, accompagnando, facendosi carico di tantissimi percorsi di fragilità e esclusione. Non è pensabile che oggi qualcuno muoia di fame, per la guerra, ma ancor di più nei Paesi “sviluppati”, a causa dell’indifferenza e del qualunquismo ideologico: ogni povero lasciato solo, ogni senza dimora senza un posto per dormire soprattutto in inverno in una città come Como, Milano, Torino, ogni famiglia non accompagnata nella sua situazione di fragilità, richiama alla mia e alla nostra responsabilità.
Per chi scrive c’è un mandato chiaro che deriva dalla scelta personale e comunitaria di sentirsi parte di un popolo della carità: ero straniero e mi hai accolto; ero affamato e mi hai sfamato; ero solo e mi hai visitato; ero ammalato e mi ha soccorso. Senza se e senza ma! Mi auguro, ci auguriamo che davvero l’uomo ferito sulla strada di Gerico, soccorso dall’eretico samaritano (cfr. Lc 10, 25-37), non sia solo la metafora teorica di come incontrare e soccorrere l’umanità ferita. Ma sia l’unica strada percorribile perché ciascuno nel proprio ambito, personale e comunitario, privato o istituzionale, dichiari a gran voce da che parte voglia stare nella costruzione del “bene comune”, dove o tutti sono inclusi o in caso contrario ci troveremo sulla stessa barca, ma ad affondare tutti, insieme come magra consolazione!
A che punto è la notte? So che l’alba deve arrivare, nonostante il buio profondo di questa notte, ma devo continuare ad alimentare il fuoco del mio falò per riscaldarmi e per attendere se un ospite inatteso voglia condividere con me la mia umanità e la mia disponibilità.
Rossano Breda
direttore della Caritas diocesana di Como
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