Questi itinerari sono realizzati in collaborazione con l’Ufficio diocesano per la pastorale del turismo. Per vedere le precedenti puntate clicca qui.

Questa settimana proponiamo un percorso un po’ più impegnativo. Uno degli aspetti caratteristici di chi vive l’esperienza del “turista”, è il mix di “emozioni” che animano l’esperienza stessa. Da una parte l’aspettativa legata ai posti che si vuole visitare e che si vuole conoscere, dall’altra il senso di sfida, di impresa, di piccola conquista che anima la preparazione di questo evento, non da ultimo la preoccupazione che tutto sia curato e sotto controllo, così da evitare brutte sorprese o imprevisti non graditi.

Un mix che ci deve far riflettere perché a volte dimentichiamo che le nostre emozioni non sono mai date in senso assoluto, avulse dal contesto che stiamo vivendo, ma si generano nel contesto di una relazione: con i luoghi che andiamo a visitare, la loro storia, il loro presente, con noi stessi e il nostro fisico (quante volte assistiamo a gite rovinate da piccole tragedie che si generano perché uno non conosce o non è consapevole dei propri limiti), con le nostre fragilità e insicurezze per cui sentiamo l’esigenza di anticipare qualsiasi imprevisto. Viaggiare, conoscere posti nuovi, aprirsi a nuove realtà è sempre un’ottima palestra non solo perché ci fa crescere nella conoscenza di noi stessi, ma perché è regalarsi l’occasioni e di aprirsi a nuovi limiti, l’occasione per riprendere in mano quelle grandi domande di senso che nella nostra epoca sono un po’ sopite, schiacciate dal chiasso dei social, e del mordi e fuggi di un consumismo un po’ sclerotico.

Percorso ad anello da Traona, San Giovanni di Bioggio, Mello
Per questa passeggiata siamo in bassa Valtellina, e in particolare la costiera dei Cech. Terra di antiche tradizioni e che ha ospitato diversi accadimenti della storia di Valtellina, e che porta con se ancora le tracce di questo passato. Sicuramente la già caratteristica conformazione naturale della nostra valle, che la rende unica in tutto l’arco alpino, qui trova una espressione ancor più accentuata sia per gli scorci naturalistici che offre (meravigliosi i tramonti che da qui si possono ammirare), che per il calore che ancora lega le popolazioni al territorio e alle sue tradizioni. Il percorso proposto si sviluppa su un anello lungo circa 5 chilometri, e con un dislivello complessivo di circa 800 mt (di cui metà in salita).

Si parte da Traona
Come arrivarci: dalla SS36 prendere l’uscita Morbegno Ovest e direzione Traona, si passa il ponte sull’Adda e all’incrocio con la via Valeriana si gira a destra. Proseguendo sulla sinistra c’è l’indicazione per Mello, si prende la strada in salita e poco prima della curva si gira a sinistra indicazioni per chiesa di Sant’Alessandro. La partenza è nei pressi della chiesa parrocchiale di Sant’Alessandro a Traona.

L’attuale chiesa di Sant’Alessandro, edificata nel XVII secolo, ha incorporato la precedente, romanica, documentata fin dal 1286. L’interno del tempio è ampio e maestoso. L’aula è ricca di pitture fra le quali primeggiano i dipinti di Giacomo Parravicini detto “il Gianolo” e le quadrature di Giovanni e Antonio Torricelli. Notevoli alcune sculture e gli intarsi settecenteschi di confessionali, pulpito, tribuna, organo, cantoria, stalli corali e copertura della vasca battesimale.

Lasciata l’automobile nel parcheggio, prendere la salita che porta a Pianezzo. La salita ha una buona pendenza su un sentiero acciottolato. Arrivati a Pianezzo si prende il sentiero che dirige nel bosco e sbuca appena sotto alla chiesa di San Giovanni di Bioggio, ampio spiazzo da cui si ha una splendida vista sulla bassa valle ed alto lago.

La chiesa prepositurale di San Giovanni di Bioggio (m. 691) costituisce uno dei luoghi più caratteristici dell’intera Costiera dei Cech. È posta in un’incantevole radura sulla cima di un bel poggio boscoso, a monte di Traona e ad occidente del profondo vallone di San Giovanni, che la divide da Mello. Sul limite inferiore della radura si osservano ancora i resti di strutture di fortificazione, che attestano l’importanza strategica del luogo. La chiesa è, infatti, di origine medievale, ma subì una notevole trasformazione nel secolo XVI, quando fu ampliata ed all’originario ingresso rivolto ad oriente venne sostituito l’attuale, che guarda a sud. Nel secolo successivo, e precisamente nel 1639, fu costruita l’imponente doppia scalinata in serizzo, che consente di salire a tale ingresso.

Da qui dopo aver ammirato il panorama e per i più piccoli giocato con l’altalena monocorda, si prosegue in direzione Mello in leggera discesa, fino ad incontrare la chiesetta degli alpini (Memoria della battaglia di Mello e dei suoi caduti).

La cappella di Sant’Antonio è situata sull’itinerario del Percorso della 55.a Brigata F.lli Rosselli, curato dall’ANPI; una lapide commemorativa ricorda l’eccidio effettuato in loco dai nazisti a scapito proprio di un gruppo di partigiani, a rievocare come questi monti siano stati al centro della lotta di liberazione durante il secondo conflitto mondiale. La vicenda riguarda la “Battaglia di Mello” avvenuta il 1 Ottobre 1944, nel contesto della Guerra di Liberazione Nazionale, durante la quale i partigiani e la popolazione civile caddero vittime del terrorismo che caratterizzò il barbaro periodo del dominio nazi-fascista nella bassa Valtellina.

Nei pressi un cartello indica il sentiero per la torre di Domofole.

Il castello altomedievale, di cui restano solo la torre, parte del muro e della cappella di Santa Maria Maddalena, era chiamato popolarmente Castello della Regina, essendo diffusa la credenza che vi avesse dimorato la regina longobarda Teodolinda. È probabile che la fortezza sia stata piuttosto prigione di una meno nota regina longobarda, Gundeberga, accusata ingiustamente di aver tramato per far morire il marito, il re Arioaldo.

Da li si scende fino alla frazione Consiglio e si riprende poi sulla strada asfaltata il ponte sul torrente Vallone e sempre per strada asfaltata si ritorna alla partenza.

Curiosità: La leggenda del castello di Domofole

Una leggenda popolare assai diffusa racconta che una regina è stata ingiustamente rinchiusa fra queste austere mura. Una regina che neppure dopo la morte ha potuto trovare pace per la calunnia che l’ha colpita. Una regina che, nelle chiare notti estive, torna a visitare il luogo delle sue sofferenze, vestita del colore dell’innocenza, cioè di bianco. Sembra che si aggiri, senza pace, nei sotterranei, ma talvolta esce all’aperto, forse a guardare il cielo. La si può scorgere, passando nei pressi del castello nel cuore della notte. Si può vedere una figura diafana, la figura di una dama bianca, che si staglia contro il cielo, incerta e pallida come un riflesso della luna, alta, in cima alle mura diroccate, come una candida torre d’avorio, silenziosa, come il cuore di una notte senza vento. Una figura che ispira pietà più che paura. Se, invece, vogliamo lasciare il terreno fascinoso della leggenda per portarci su quello più freddo ma solido della storia, possiamo riassumere le vicende del castello in queste note riassuntive: fu edificato intorno al 1100 e di esso furono investiti i Vicedomini, feudatari del vescovo di Como; fu poi preso e distrutto dai Vitani, loro rivali, nel 1292; successivamente riedificato, venne distrutto definitivamente nel 1524 dai Grigioni, i quali, per impedire moti di rivolta ed ostacolare invasioni di eserciti ostili durante la loro dominazione della terra di Valtellina, ne operarono un sistematico smantellamento delle fortezze.

Per approfondimenti:
https://fondoambiente.it/luoghi/chiesa-arcipretale-di-s-alessandro
http://www.paesidivaltellina.it/mello/sangiovanni.htm
http://www.anpisondrio.it/wp-content/uploads/2016/10/2-LA-BATTAGLIA-DI-MELLO.pdf
Sant’Alessandro – Santi e Beati

a cura di MARCO GHERBI
Ufficio diocesano Pastorale del Turismo

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